Quarant’anni fa veniva ucciso Vittorio Bachelet

Il figlio Giovanni: “Se fosse vivo, ci inviterebbe a rendere il nostro tempo più libero, più giusto, più umano”

Vittorio Bachelet

Sono passati quarant’anni dal 12 febbraio 1980, quando Vittorio Bachelet fu ucciso all’Università di Roma La Sapienza, dove insegnava Diritto alla Facoltà di Scienze politiche. Bachelet era vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura ed era stato presidente di Azione Cattolica dal 1964 al 1973. Per ricordarlo abbiamo intervistato il figlio Giovanni.

Che ricordo ha di suo padre?
Me lo ricordo come un papà molto paziente e molto capace di ascoltare, ma anche di dare un’impronta, di guidare, non tanto con le prediche, quanto con l’esempio, con i fatti più che con le parole, mostrandomi, concretamente, che diamo la migliore testimonianza cristiana o democratica o sociale quando siamo credibili come persone, come lavoratori, come professionisti. Le attività di volontariato, di impegno sociale, politico, religioso non possono essere una compensazione di quello che non riusciamo a fare nella nostra vita familiare o professionale. Il nostro primo modo di rispondere alla vocazione di Dio nella nostra vita e di servire il Paese è quello di fare bene il nostro dovere. Questa è una delle cose importanti che, in un mondo per tanti versi cambiato rispetto ai tempi di mio padre, mi piacerebbe aver trasmesso ai miei figli e saper trasmettere ancora oggi ai miei nipotini.

Cosa ha rappresentato per la sua vita l’assassinio di suo padre?
Allora, purtroppo, era un evento non rarissimo la morte violenta nel corso di attentati terroristici o di violenze: c’erano bombe sui treni, nelle banche, omicidi. È difficile ricordare ai ragazzi di oggi quel clima perché per fortuna non c’è più da molti decenni. Ai tanti che si lamentano del presente, quelli che il mio papà e, prima ancora, Giovanni XXIII avrebbero chiamato “profeti di sventura” e che considerano il passato sempre migliore, ricorderei quel tempo in cui ogni settimana veniva ammazzato qualcuno, un momento di grande pericolo per le istituzioni, per la democrazia rappresentativa che allora era disprezzata e considerata una specie di orpello inutile del capitalismo, della borghesia. Oggi, forse, non riusciamo ad apprezzare e vivere con entusiasmo questi doni della libertà e delle elezioni libere dei propri rappresentanti: la ragione, probabilmente, è che quei tempi brutti sono passati, siamo tornati a una fisiologia della democrazia, difficile, ma pur sempre meno difficile di quegli anni… continua a leggere

(fonte SIR)