Da Levaldigi a Canale d’Alba, passando per Oulx (1ª parte)

Lucia Cassino
La piccola Lucia, all’epoca in cui abitava a Centallo

C’è un impercettibile ma solidissimo filo che lega Levaldigi con Centallo, passando per Oulx per arrivare fino a Canale d’Alba. Si tratta di un filo dipanato da una umilissima donna, Lucia Cassino, che vede la luce a Levaldigi il 10 dicembre 1908. Insieme ai due fratelli maggiori e ai genitori viene poco dopo a stabilirsi a Centallo, andando ad abitare in Roella, nel caseggiato chiamato “Il Convento”, perché lì, un tempo, vivevano i frati. Nella sua mente di bimba si è fissato il ricordo del pilone dell’Addolorata, sotto il “castagné”, dove mamma Laura guida il rosario e la gente si raccoglie in preghiera, dopo che lei è passata con il campanellino a chiamare tutti a raccolta, gridando “al piliun, al piliun, iè ‘l rusari al piliun”. A Centallo riceve la prima comunione e la cresima il 1° febbraio 1915, poco prima che la sua vita venga sconvolta da tragici avvenimenti: con l’inizio della Prima guerra mondiale papà è stato richiamato al servizio militare e mamma si ammala seriamente. Lucia deve trasferirsi a Fossano, a casa della nonna paterna, che si prende cura di lei e, per precauzione e nel dubbio che non sia stata cresimata, la fa preparare per ricevere un’altra volta la cresima. I suoi fratellini, di poco più grandi, vanno invece a fare i garzoni di campagna in una cascinotta di San Vittore. Le condizioni di mamma, intanto, si aggravano a tal punto che ad inizio 1917 viene ricoverata al San Camillo, dove la bimba la va a trovare, accompagnata da nonna, per un ultimo saluto. “Ti farai suora; ti raccomando di stare sempre buona, di pregare tanto e di fare ogni giorno la Via Crucis”, le sussurra. Muore il 6 febbraio, lasciando in Lucia un vuoto che nessuno riuscirà a colmare, nemmeno la “nuova mamma” che papà le procura con il suo secondo matrimonio, nemmeno la sorellina che questa le regala. La famiglia prosegue la sua peregrinazione, prima a Robassomero, poi a Rosta, come succedeva all’epoca, quando la fame di lavoro e di terra da coltivare costringeva le famiglie contadine a frequenti traslochi.

Lucia cresce nel lavoro dei campi e portando le mucche al pascolo, prima di finire a far la domestica in alcune famiglie torinesi. Il 2 aprile 1932 si sposa con Giorgio Cristino di Bra, dove la coppia va ad abitare prima di trasferirsi ancora a Mondovì. La premonizione di mamma sul futuro da suora di Lucia è sempre più lontana e irrealizzabile, perché cominciano ad arrivare i figli: Vincenzo ad inizio 1933, Laura nel 1935, che però sfiora solo la terra e torna in cielo un anno dopo. Le gravidanze di Lucia sono sempre difficili, complicate dall’insorgenza di fibromi recidivi che sembrano compromettere il loro esito, per cui ogni nascita è una sfida alla scienza medica. Ogni volta la donna è chiamata a scegliere tra l’interruzione di gravidanza e il rischio della propria vita e ogni volta lei si affida alla Provvidenza per cui ogni nascita ha del prodigioso, a detta degli stessi medici. Così è nel 1946 per la nascita di Mario, così sarà nel 1950 per la nascita di Anna Maria. Intanto, nella vita di questa umile donna, cominciano a manifestarsi sogni premonitori, locuzioni se non addirittura vere e proprie visioni che lasciano trasparire carismi non comuni.

Il più famoso risale al periodo della guerra ed è alla base della costruzione della chiesa monregalese del Sacro Cuore e della devozione a Maria “Rosa mistica” che in essa si sviluppa. È infatti la Vergine a rivelare in sogno a Lucia il pericolo che incombe su Mons. Briacca e a chiederle di pregare perché la vita del vescovo venga preservata. Cosa che puntualmente avviene: mentre la donna sta pregando secondo le indicazioni ricevute, il vescovo e il fratello sacerdote, che gli fa da autista e segretario, scampano per puro caso (o provvidenziale disegno) da morte certa, uscendo incolumi da un mitragliamento aereo, che distrugge completamente l’automobile su cui stanno viaggiando e dalla quale sono appena precipitosamente usciti. Il vescovo, per averlo sperimentato sulla propria pelle, non può essere indifferente all’evidente protezione mariana ricevuta e si fa raccontare per filo e per segno le coincidenze (o le “dio-incidenze”) sul suo scampato pericolo: lasciamo al lettore giudicare se sia davvero solo un caso  che la nuova chiesa di Mondovì sorga esattamente là dove la Madonna aveva indicato in sogno a Lucia, intitolata al Sacro Cuore come Lei aveva chiesto e che la statua sotto il titolo di “Rosa mistica”, come le si era presentata, sia stata intronizzata esattamente nel posto dove era piantato il gelso che aveva riparato Lucia e i suoi figli dalle schegge impazzite di una bomba scoppiata poco lontano.

(1 - continua)