“Basta moto, quad e fuoristrada nel mio bosco”

La protesta di un proprietario terriero fa emergere una questione vecchia, ma serve un confronto con il mondo dell''off road' responsabile

Moto da enduro, quad e fuoristrada che si muovono lungo la collinetta sotto il ponte dell’autostrada Torino-Savona al confine tra i Comuni di Fossano e Salmour, provocando danni.
È la denuncia di un proprietario terriero, che spiega: “Le ruote scavano solchi profondi, dove poi s’incanala l’acqua piovana che aggrava la situazione, raggiungendo perfino i pilastri dell’autostrada. Strade e sentieri diventano impraticabili; quanto all’autostrada, essendo demaniale e pubblica la proprietà, mi chiedo chi ne risponda in caso di danni”. “Io non ho nulla contro quanti percorrono i sentieri con buon senso - continua -. Ma ci sono alcuni che passano nella mia proprietà ad alta velocità e se trovano piante a terra, se le tagliano per poter continuare a percorrere i sentieri: mi è capitato perfino che uno di loro mi chiedesse di spostare il trattore, mentre lavoravo. Un altro proprietario aveva collocato un mucchio di terra e dei tronchi a mo’ di sbarramento per impedire l’accesso al suo terreno: li hanno rimossi”. E poi c’è il timore che “mentre taglio legna, e sono ovviamente attento a quello che sto facendo, un albero cadendo colpisca uno di loro: ne dovrei rispondere io?”.
Ci sono state segnalazioni alle autorità, che sono intervenute. I risultati, però, non sarebbero stati decisivi. D’altro canto, si può immaginare quanto sia difficile organizzare controlli “mirati”, per l’ovvia impossibilità di prevedere quando giungeranno moto da enduro, quad e fuoristrada.

LA ZONA DI STURA, UNA STORIA VECCHIA
La presenza di moto da enduro, quad e fuoristrada vicino al fiume Stura, dove si trova anche la collinetta dell’intervistato, è nota. In passato sono stati perfino organizzati, in forma ovviamente legale, raduni e gare.
Alcuni si limitano a percorrere le strade bianche, dove peraltro si vedono, oltre a mezzi agricoli e di “movimento terra”, anche auto “normali”: questi collegamenti sono utilizzati anche da quanti, soprattutto d’estate, raggiungono il fiume per trovarvi refrigerio. In questi casi, dunque, si può ritenere che si tratti di “normale” traffico, seppur al di fuori dell’asfalto.
Ci sono però appassionati di “off road” che osano di più e sfruttano la zona dello Stura per mettere alla prova le loro capacità di piloti e quelle dei mezzi. A questi ultimi vengono abitualmente attribuiti i “segni” che il proprietario terriero citava, come appunto i solchi profondi.
Quello di Fossano non è l’unico caso. Analoghe lamentele - talvolta con la replica soprattutto degli enduristi - emergono di frequente, soprattutto in aree come le Langhe e le montagne dove si snodano percorsi che attraggono tanto gli escursionisti a piedi o in mountain bike, quanto gli stessi enduristi.
Nello stesso Comune di Salmour è presente una pista da cross, dove è possibile godersi la moto con le ruote tassellate nel rispetto della legge. La soluzione, però, non basta per numerosi enduristi: il loro sport ha, nel suo Dna, la “libertà” dei boschi, e non i circuiti chiusi.

ENDURO SI' O NO, UNA LITE CHE DURA
Al di là del caso specifico, la segnalazione del nostro lettore fa emergere una questione antica, su cui ci si confronta - o, meglio, si litiga - da molto tempo senza che si giunga ad una soluzione. Come deve comportarsi il legislatore nei confronti di quanti desiderano praticare il fuoristrada?
In molte regioni dell’Italia settentrionale, fra cui il Piemonte, a partire dagli anni Ottanta sono state introdotte norme che hanno limitato molto le aree in cui è possibile transitare con moto da enduro, quad o fuoristrada. Di contro, sono stati lanciati - con successo - tentativi di regolamentare l’utilizzo di questi mezzi lungo percorsi sterrati, com’è avvenuto ad esempio sulla Via del sale, al confine tra Italia e Francia. Più in generale, alcuni osservano come il Codice della strada (di valore ovviamente nazionale) e le norme introdotte da alcune Regioni sembrino cozzare sulla possibilità di consentire o meno il transito dei mezzi a motore lungo percorsi non asfaltati.
I detrattori dell’«off road» lamentano danni al fondo di strade sterrate, mulattiere e sentieri, oltre a pericoli per gli escursionisti a piedi o in mountain bike e inquinamento soprattutto acustico. Per contro quanti amano il fuoristrada non solo difendono il diritto di praticare la loro passione, ma fanno notare come il passaggio dei veicoli “salvi” strade e sentieri che, in molti casi, sarebbero cancellati dalla vegetazione: capita, anzi, che associazioni di appassionati si preoccupino di “pulire”, per poterli in seguito percorrere, itinerari “minacciati” dall’avanzata dal verde, complice lo spopolamento di aree rurali e montane.
Se è vero che in alcuni casi la “convivenza” tra escursionisti a piedi o in mountain bike e appassionati di “off road” è oggettivamente difficile, è anche vero che la presenza di moto da enduro, quad e fuoristrada ha talvolta una ricaduta positiva sul territorio, quindi a vantaggio anche degli stessi escursionisti: lungo la stessa Via del sale, i conducenti di mezzi a motore, che peraltro giungono anche da altri Paesi europei, pagano un pedaggio che contribuisce a rendere possibili interventi di manutenzione e altre migliorie sul percorso. Da notare, ancora, come il popolo del fuoristrada tenda a fare tappa nelle strutture ricettive: l’esperienza insegna come queste ultime non sempre riescano a sopravvivere agevolmente se devono rinunciare “in toto” ai clienti “motorizzati”, e non stupisce la reazione piccata di molte attività commerciali in valle Maira dove è stato impedito l’accesso ai veicoli a motore lungo alcuni percorsi turistici. A difesa dell’«off road», si citano infine le aziende che operano in questo settore: divieti sempre maggiori potrebbero scoraggiare questa pratica e spingere le aziende a non investire, il che comporterebbe, in ultima istanza, la perdita di posti di lavoro.
In conclusione, con un approccio decisamente pratico si può constatare come sia difficilissimo legiferare su una materiale come l’«off road». Ha pienamente ragione il nostro intervistato quando distingue tra enduristi responsabili ed enduristi che percorrono a tutto gas i sentieri: il guaio, per così dire, è che nei boschi non si possono ovviamente installare autovelox e diventa quindi molto difficile, per autorità locali e Forze dell’ordine, distinguere tra “buoni” e “cattivi” punendo questi ultimi. Ne emerge una certa tendenza a vietare “in toto” il transito lungo percorsi non asfaltati: ma con l’effetto nefasto che i “veri” appassionati di «off road» devono rinunciare alla loro passione, mentre quelli irresponsabili molto probabilmente non si cureranno dei cartelli, così come in precedenza non si curavano di rispettare né l’ambiente naturale, né coloro che lo vivono, dagli escursionisti ai boscaioli.

PARLANO I PILOTI: "NON SIAMO DISTRUTTORI"
C’è chi l’enduro nei boschi cerca di praticarlo non solo per passione, ma anche per lavoro. “La Fedeltà” intervista due piloti, Thomas Marini e Kevin Cristino.
Dice Thomas: “Per me è passione e lavoro. Per correre ai massimi lavori bisogna allenarsi; la grossa problematica è che le leggi ci impediscono di allenarci in aree che per noi sarebbero importanti. La gente inoltre ci vede come distruttori, ma noi siamo attenti all’ambiente. Il nostro appello: lasciateci praticare questo sport senza tutti i vincoli che ci sono oggi”.
“Cerchiamo più libertà nei boschi, soprattutto in zone abbandonate dove potremmo creare dei percorsi - aggiunge Kevin -. Non andiamo in giro a tagliare piante e cerchiamo di preservare l’ambiente. Se puliamo delle strade, ciò è utile anche per i fuoristrada e i trattori: senza il nostro contributo sarebbe più difficile spostarsi nei boschi anche per chi va a piedi”.