La Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo che si è celebrata nel pieno della pandemia spinge a chiedersi che cosa questa situazione possa significare per un bambino, ma anche per un adulto, autistico. Sul tema abbiamo chiesto l’intervento di Elisa Canavese psicologa psicoterapeuta che si occupa di disturbi dello spettro autistico.
La popolazione delle persone nello Spettro Autistico (l’insieme delle diverse modalità “non tipiche” in cui può funzionare la mente) è molto eterogenea nelle sue caratteristiche, quindi non è semplice rispondere alla domanda.
Si possono tuttavia considerare alcuni fattori, come il livello di funzionamento (il modo in cui si sviluppano nella persona le diverse competenze necessarie per vivere nella società) e la necessità di routine. I bambini autistici a “basso funzionamento”, che hanno cioè - per semplificare - caratteristiche ben visibili e difficoltà cognitive, hanno spesso associati problemi nella comprensione dell’ambiente in cui sono immersi e tratti di iperattività. Per permettere loro di vivere in modo sereno e stabile, li si aiuta a seguire delle routine giornaliere e settimanali, in cui il tempo è scandito chiaramente attraverso attività che tendono a ripetersi in modo ritmico e prevedibile. Questo, come per noi l’agenda sul telefono, li aiuta a sapere cosa “viene dopo” e a sentirsi quindi più sicuri. La repentina e massiccia variazione nello schema di vita che la pandemia ha provocato, ha evidentemente destabilizzato questi ritmi costruiti nel tempo, ed immagino che possa aver alzato il loro livello di stress, e conseguentemente aumentato quei comportamenti, che esternamente appaiono come socialmente non appropriati, ma che descrivono la loro fatica nell’interagire con un mondo sconosciuto e imprevedibile.
Per questo gruppo di persone, l’essenziale richiesta di stare a casa potrebbe rappresentare un altro elemento di grande fatica a causa della necessità di scaricare energia e tensione attraverso il movimento. Ogni persona nello Spettro è ovviamente un mondo a sé, ma un’attività motoria strutturata è spesso un modo efficace per tenere in equilibrio le emozioni che si susseguono, non sempre ben comprese, nella testa e nella pancia. In questo senso possono tornare utili, anche in casa, attività prese in prestito dai centri educativi specializzati, come i percorsi motori, che si possono costruire disponendo sedie, sgabelli e cuscini in una stanza o un corridoio, cui dedicare uno specifico momento di ogni giornata.
Dall’altro lato, bambini ed adulti ad “alto funzionamento”, con difficoltà nell’area sociale, (talvolta difficilmente visibili dall’esterno e ben mimetizzate), potrebbero trovare questo stile di vita, a basso impatto relazionale, più rilassante e adatto alle loro caratteristiche. Tenendo conto delle differenze di cui abbiamo parlato prima, queste persone vivono generalmente in un mondo che percepiscono caotico, rumoroso, disordinato, spesso irrazionale e farcito di complesse regole relazionali che nessuno spiega in modo chiaro. Pertanto, poter stare in un ambiente conosciuto e silenzioso, con ritmi più lenti, richieste meno pressanti, e relazioni ridotte e selezionate, può rappresentare un momento di riposo e ricarica.
L’autismo, in sé, è un modo specifico in cui funziona la mente, differente rispetto quello che viene chiamato “tipico”; è un modo di essere che interessa molte più persone di quante si pensi generalmente, e in modo molto più diversificato. Tutti immaginiamo il bambino seduto di spalle che mette in fila macchinine, ma dimentichiamo manager, ingegneri, insegnanti, operai, dottori, impiegati, (tutti declinati al maschile come al femminile) che vivono la loro vita mimetizzati e mimetizzate, con una fatica che non emerge e che spesso sentono, ma senza bene comprenderla.
Questa situazione del tutto nuova potrebbe far emergere in loro il desiderio di rispettare maggiormente le proprie caratteristiche, così come quello di mostrare alla comunità come le differenze tra le persone si manifestino anche come differenti esigenze, tutte altrettanto legittime.
Circola in questi giorni un articolo relativo all’opportunità di usare un nastrino blu per identificare i bambini nello spettro, fuori casa con un genitore. Al di là delle facili associazioni a ben più fosche misure identificative del secolo scorso, in questo caso a mio parere si tratterebbe di un segno di fierezza e richiesta di riconoscimento, rispetto ed attenzione verso una popolazione che da sempre, invariabilmente, si è dovuta adattare alle esigenze della maggioranza, con scarsa reciprocità.
Spesso le famiglie con un bambino autistico, o le persone autistiche adulte, pensano che la soluzione sia diventare come gli altri e mimetizzarsi al meglio. Al contrario, la soluzione credo stia nel trovare un equilibrio tra il proprio modo di essere ed una società in cui ci si incastra a fatica. Un cubetto entra con difficoltà in un foro circolare, ma smussando qualche spigolo e raddrizzando un po’ la circonferenza, le forme possono diventare più compatibili.