Tamponi, Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e dispositivi di protezione individuale (Dpi). L’Unità di crisi della Regione Piemonte, costituita per la gestione dell’emergenza dovuta al coronavirus, risponde alle critiche sui presunti errori compiuti nello svolgere questo compito. Oggi (sabato 11 aprile), è stata organizzata una videoconferenza cui hanno partecipato il commissario straordinario per il coronavirus in Piemonte Vincenzo Coccolo, il coordinatore sanitario dell’Unità di crisi Flavio Boraso, il responsabile dell’Ufficio di coordinamento legale dell’area giuridica Antonio Rinaudo, il presidente del Comitato tecnico scientifico Roberto Testi e il professor Francesco De Rosa, infettivologo e a sua volta componente del Comitato tecnico scientifico.
I tamponi
Per quanto riguarda i tamponi, è stato affrontato il tema del confronto con il Veneto, regione che è stata capace di effettuare un numero di test molto superiore a quello che può vantare il Piemonte. Secondo quanto è stato riferito durante la video-conferenza, il Veneto disponeva, da subito, di numerosi laboratori in grado di esaminare i tamponi, mentre il 22 febbraio, all’inizio dell’emergenza, il Piemonte ne poteva schierare soltanto due: la Regione amministrata da Cirio si è poi impegnata in uno sforzo enorme, così da aumentare la sua capacità su questo fronte. “Il campionamento massiccio effettuato in Veneto non era la posizione dell’Istituto superiore della Sanità”, ha detto Testi: un presupposto, questo, già sottolineato dallo stesso Cirio. E – ancora – se il Veneto è riuscito ad isolare meglio i focolai, cioè si deve al fatto che essi si sono formati in piccole realtà.
È stato poi ribadito che non sarebbe stato possibile affidare ai medici di famiglia il compito di effettuare tamponi (“Mancano le attrezzature”), mentre “tamponi effettuati a tappeto isolano i focolai, ma non danno garanzie sul futuro”. Ciò a cui l’Unità di crisi guarda con interesse è, invece, la “valutazione sierologica”: testi di questo tipo dovrebbero “debuttare” nei prossimi giorni.
Le Rsa
Per quanto riguarda le Rsa, Testi – oltre a sottolineare che queste strutture non sono gestite dall’Asl – ha affermato che “più tamponi non avrebbero cambiato l’evoluzione” della situazione, perché “il problema è isolare il paziente sintomatico e non è possibile trasportare tutti i pazienti in ospedale”. Sulle Rsa è scoppiato il “caso” soprattutto per l’elevato numero di contagi mortali che si sono registrati fra gli ospiti; il problema è emerso anche nella provincia di Cuneo.
Oggi le Rsa sono tenute ad allestire degli spazi in cui possano essere isolati ospiti che presentino sintomi riconducibili al coronavirus; un ospite per cui sia stato accertato il contagio può inoltre essere destinato, dopo le dimissioni dall’ospedale, alla stessa Rsa in cui si trovava. Scatta il ricovero in una nuova Rsa di un ospite infetto soltanto nel caso in cui quest’ultimo non possa essere riaccolto in quella dove si trovava inizialmente o nel caso che non abbia alcuna dimora.
I Dpi
“La mancanza di Dpi è un problema mondiale e non piemontese; per noi dipende dalla Gestione centrale, che non mi compete”, ha spiegato Testi.
Per quanto riguarda la possibilità di acquistare Dpi all’estero, Rinaudo ha denunciato il pericolo di incappare in affaristi: “Alcuni – ha spiegato – ci presentavano come certificazione dei pezzi di carta, mentre a noi veniva richiesto di versare grosse somme al momento dell’acquisto”.
Ancora, c’è da considerare come, una volta effettuato l’acquisto, spesso avvenissero ritardi nelle conegne; per altro, per avere i Dpi, “le Regioni sono in guerra”.
Qualche sassolino dalla scarpa
Se davvero la fase dell’emergenza più acuta sta per concludersi, per l’Unità di crisi è anche l’occasione di levarsi qualche sassolino dalla scarpa, replicando ad “attacchi fondati su voci e pettegolezzi” secondo quanto denuncia Rinaudo.
Per Testi, “spiace che ci si dimentichi quanto è stato fatto”, in particolare l’aver portato i posti letto in Rianimazione da 280 a quasi 600 servendosi anche “di soluzioni artigianali e inventiva”. “Da subito – è stato il commento di De Rosa – abbiamo pensato come regolarizzare l’accesso agli ospedali e oggi dobbiamo dire grazie a tanti operatori sanitari”.
I relatori hanno messo in luce come “il 22 febbraio si discuteva ancora se si dovevano giocare o meno le partire di calcio”: in seguito è stato necessario affrontare un’emergenza enorme e imprevedibile, in uno scenario in cui inevitabilmente si commettono errori. E oggi, insistono dall’Unità di crisi, spiace dover subire “il fuoco amico”, cioè le critiche dei colleghi medici: un’evidente allusione alla dura presa di posizione che l’Ordine dei medici del Piemonte ha manifestato di recente in un lungo documento inoltrato alla stampa.
Il parere del commissario Coccolo, che sintetizza l’operato dell’Unità di crisi: “In Piemonte è stato fatto l’impossibile per gestire tutti gli aspetti legati alla pandemia, ma nell’emergenza purtroppo non si fa mai abbastanza. Non è possibile risolvere tutti i problemi; ma l’impegno dell’Unità di Crisi è costante, si lavora senza risparmio di tempo ed energie e l’enorme lavoro sul piano sanitario e organizzativo ha prodotto una serie di risultati quanto mai significativi”.