Ora è tempo…

scusate il disturbo

Non è ancora il momento. Non è ancora il momento di allentare la presa e di pensare che l’incubo sia finito. E anche quando tutto tornerà lentamente alla normalità - che probabilmente non sarà quella che conoscevamo come tale - neppure allora sarà il momento di voltare pagina. Avremo bisogno di andare avanti, certamente, ma soprattutto di ricordare. Ricordare chi non ce l’ha fatta, ricordare l’impegno di tutti coloro che hanno profuso energie, intelligenza, lavoro e sacrificio per salvare vite e aiutare chi era in difficoltà. Lo dovremo fare. Ora è il tempo di resistere e insieme iniziare a seminare per domani. Ci sarà da elaborare un lutto collettivo, e tanti dolori personali, ci sarà da ricostruire, riprendere progetti interrotti, iniziarne di nuovi, pensando in grande e agendo a tutti i livelli, partendo dal basso. Una pandemia è simile a quella che il grande Totò definiva “a livella” riferendosi alla morte. Non guarda in faccia nessuno, non fa distinzioni. O quasi. Perché qualche differenza c’è. Quello che per un Paese come l’Italia è già un dramma epocale, nei Paesi del sud del mondo che vivono ai limiti della sussistenza, può significare la fine. Quel che è certo è che il virus non guarda ai con- fini nazionali. Mentre noi continuiamo a pensare al mondo diviso da barriere e steccati. Il monito del Papa in questi giorni è stato chiaro. Ha parlato a tutti senza distinzioni di nessun tipo. Dobbiamo ritrovare la nostra umanità che va al di là dei conflitti, delle lotte, degli egoismi. Se da quella che alcuni hanno definito in modo improprio una “guerra” usciremo ancora divisi e belligeranti, avrà vinto lui. Il virus. Non certo l’uomo.