La “rinascita dell’Italia” è anche una questione di metodo

Il coronavirus pare allentare le sue spire, è di nuovo possibile muoversi liberamente tra le Regioni e dall'Europa – che “manifesta di aver ritrovato l'autentico spirito della sua integrazione”, per citare le parole del presidente della Repubblica – arriverà per l'Italia un volume di risorse eccezionale

Festa Della Repubblica Frecce Tricolori
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella rende omaggio al Milite Ignoto all'Altare della Patria in occasione della Festa della Repubblica (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

I dati sanitari sono confortanti, con la ripresa della mobilità tra le Regioni la fase delle riaperture si è praticamente completata, ma non bisogna abbassare la guardia perché il virus è insidioso e ingannatore. Allo stesso tempo c’è ancora un enorme bisogno di tamponare le conseguenze più acute e immediate della pandemia sul tessuto economico-sociale, come gli ultimi dati sul lavoro hanno ulteriormente confermato. Ma è arrivato anche il momento di cominciare a guardare più avanti, a quella che il capo dello Stato ha chiamato “rinascita dell’Italia”, ricollegandosi idealmente alla ricostruzione del Paese dopo le devastazioni del secondo conflitto mondiale. Spinge in questa direzione anche un fatto molto concreto: dall’Europa – che “manifesta di aver ritrovato l’autentico spirito della sua integrazione”, per citare ancora Sergio Mattarella – arriverà per l’Italia un volume di risorse eccezionale. “Un’occasione storica”, l’ha definita il presidente del Consiglio nella conferenza stampa di mercoledì sera (3 giugno), un’opportunità senza precedenti per cercare di risolvere alcuni problemi strutturali che il Paese si trascina dietro da anni, in alcuni casi da decenni.
“Bisogna saper spendere bene”, ha sottolineato Giuseppe Conte, e per far questo occorre mettere a punto “un progetto di Paese” su cui “si misurerà la credibilità del sistema Italia” a livello internazionale. Il rilancio degli investimenti infrastrutturali, fermi al palo da troppo tempo, dovrà passare attraverso il taglio della burocrazia e puntare a “una decisa e vigorosa transizione verso un’economia sostenibile”. Il premier ha indicato a titolo di esempio alcuni campi d’azione: digitalizzazione e diffusione della banda larga; potenziamento della formazione e della ricerca; incremento delle grandi reti di comunicazione, a cominciare dall’alta velocità in tutto il Paese; “una seria riforma fiscale”; misure per l’inclusione sociale e il contrasto delle disuguaglianze…
Ma all’inizio di questo percorso impegnativo e ambizioso, più che l’elenco dei possibili interventi si pone una questione di metodo. Conte ha correttamente affermato che le ingenti risorse su cui l’Italia potrà contare “non sono un tesoretto nella disponibilità del governo di turno”. E neanche – verrebbe da aggiungere – una torta da spartire in nome degli interessi economici più forti.

Un progetto di ampio respiro, che impegnerà il Paese per alcuni anni, richiede il coinvolgimento di tutti, sia sul piano strettamente politico – di qui l’impegno a un doveroso confronto con i partiti d’opposizione – sia nel rapporto con le forze sociali. A quest’ultimo proposito, il premier ha annunciato che già dalla prossima settimana convocherà a Palazzo Chigi “tutti i principali attori del sistema Italia”. Questa è l’espressione usata in origine da Conte che poi, riprendendo il termine utilizzato da un giornalista nella sua domanda, ha parlato di “Stati generali dell’economia”. Ma la sensazione è che il presidente del Consiglio avesse in mente un perimetro più largo di quello puramente economico, come pure sembrerebbe auspicabile. Vedremo.
Il Governo dovrà evidentemente fare la sua parte per alimentare quello spirito costituente evocato dal capo dello Stato nel discorso della sera del 1°giugno. Alla nascita della Repubblica, ha ricordato Mattarella, “forze politiche, che erano divise, distanti e contrapposte su molti punti”, trovarono “il modo di collaborare nella redazione della nostra Costituzione, convergendo nella condivisione di valori e principi su cui fondare la nostra democrazia”. A rigore, la questione della convergenza nell’impresa comune riguarda le stesse forze che compongono la maggioranza, attraversate da tensioni che spesso hanno pesantemente rallentato l’azione dell’esecutivo. Ma è soprattutto nel campo opposto che nei giorni scorsi sono emerse pulsioni inquietanti da parte di gruppi estremamente minoritari eppure pericolosi per il tentativo di cavalcare il disagio sociale provocato dalla pandemia, con slogan sgangherati e intrisi di violenza.
La stessa giornata della Festa della Repubblica è stata segnata da un’inedita quanto controversa iniziativa dei partiti dell’opposizione parlamentare che per la prima volta si sono sganciati dal clima unitario che ha sempre caratterizzato il 2 giugno. L’iniziativa, da cui poi ha sostanzialmente preso le distanze Forza Italia, a detta della quasi totalità degli osservatori si è rivelata un autogol perché fuori sintonia rispetto a un Paese che invece si è riconosciuto nella limpida testimonianza di unità offerta dalle parole e dai gesti del presidente della Repubblica.
“Non si tratta di immaginare di sospendere o annullare la normale dialettica politica” perché “la democrazia vive e si alimenta di confronto tra posizioni diverse”, ha tenuto a rimarcare il capo dello Stato. Si tratta invece di partecipare alla ricostruzione avendo “come unico scopo il perseguimento del bene della Repubblica come bene di tutti, nessuno escluso”.

Stefano De Martis (Sir)