L’impegno di Missioni don Bosco ai quattro angoli del mondo

Centinaia di opere nelle baraccopoli o nei centri isolati

Coronavirus Africa
Foto Missioni don Bosco

Passata la fase di emergenza per il Covid-19 in Europa, negli altri continenti la propagazione dell’epidemia sta causando ancora paura e morte. La crisi sanitaria si è innestata molto spesso sulla fragilità dei sistemi economici e sociali dei Paesi poveri, moltiplicando le sofferenze di vastissime fasce di popolazione. Il caso emblematico è quello del Brasile, il Paese che conta il maggior numero di vittime dopo gli Usa: la minaccia incombe tanto nei quartieri poveri delle megalopoli quanto nei villaggi degli Indio della foresta. Si rivela essenziale in queste situazioni la presenza di missionari e di comunità religiose che offrono un aiuto immediato e una prospettiva di speranza. È quanto stanno facendo migliaia di salesiani attraverso centinaia di opere sparse nelle baraccopoli o nei centri isolati in America, Africa, Asia. I laboratori collegati alle diverse scuole da loro fondate sono stati fra i primi a industriarsi per realizzare mascherine protettive, per distribuire detergenti spiegando l’importanza e i modi della prevenzione antivirus. Le case salesiane sono diventare spesso luoghi di accoglienza di bambini abbandonati e di profughi, centri di smistamento del cibo per le famiglie rimaste prive di reddito.

Siamo stati chiusi nelle nostre case per la giusta protezione dal contagio, ma c’è stato anche chi si preoccupava di far giungere un sostegno ai più disagiati, oltre che in Italia, nel resto del mondo. È il compito che ha sùbito avuto chiaro Missioni Don Bosco, la onlus che opera per sostenere i progetti dei salesiani nel mondo. Nella sede di Valdocco essa ha raccolto gli appelli provenienti da decine di Paesi, e ha risposto ad essi con l’invio di aiuti di emergenza. Ha aperto una pagina del suo sito per mettere in luce non solo i bisogni manifestati ma anche la creatività suscitata dagli eventi drammatici in corso. In coerenza con il loro carisma, i Figli di don Bosco sono stati vicini alle persone più a rischio, ed hanno coinvolto i giovani - con tutte le cautele del caso - come protagonisti di questo intervento. Lo stesso santo aveva attivato i ragazzi dell’oratorio di Valdocco durante l’epidemia di colera del 1854 a Torino, con un bilancio di solidarietà che non aveva determinato alcuna conseguenza sulla loro salute. C’è grande preoccupazione per la violenza che ha incominciato a manifestarsi dove le situazioni sono più gravi, e si possono immaginare purtroppo facilmente le conseguenze che derivano dalla disoccupazione di massa. Per questo risulta ancora più importante la salvaguardia delle scuole e dei centri di formazione professionale come presìdi di un futuro in cui possa avere spazio lo sviluppo culturale ed economico, per un riscatto vero e durevole dei più poveri del mondo.