Quella lettera…

Sandri Gian Paolo
Sandri Gian Paolo

“L’abito che il mio corpo indosserà tra dieci anni mi impedirà di fare tante cose che oggi faccio normalmente. Giampy, questo mi blocca, mi terrorizza, il mio corpo si sta sgretolando a causa di una malattia, e tra dieci anni, forse meno, quando ne avrò 49, se tutto va bene, saranno i miei figli a spingermi su una sedia a rotelle come la tua. Mia figlia che ha fatto seconda media ti ha conosciuto in un laboratorio a scuola, mi ha detto: «Papà, Giampy non mi ha insegnato nulla di nuovo in 4 ore, ma con questa calamita che mi ha regalato, mi ha fatto capire che in ognuno di noi c’è la forza necessaria per vivere sempre al nostro meglio, e più calamite siamo, più forza possiamo tirare fuori». Dovevo venire alla sera che avete fatto per i genitori, lo ammetto, non sono venuto perché sono andato a giocare a carte come tutti i mercoledì con tre amici… Ora sono qui con un rimorso in più di un’occasione perduta. So della mia malattia da un mese, e non ho ancora finito di chiedere perdono per le mie tante mancanze. Ora vivo in prima persona che nulla della vita è scontato, ma io non lo sapevo proprio. Mia figlia mi ha messo la tua calamita in camera da letto con un post dove ha scritto: “Guardami, toccami e tira fuori la vita che è in te. Ti chiedo, Giampy, cosa posso fare nell’attesa della mia sedia a rotelle?”. Questo è l’inizio della lunga mail che Nicola mi ha scritto, tutta a mano e scannerizzata perché i dottori gli hanno detto che una delle prime cose che perderà è lo scrivere a mano. Leggendo Nicola prima di tutto ho pianto tantissimo, mi ha tirato fuori tanta rabbia per una malattia bastarda, crudele, ingiusta. Dopo le lacrime, ho stampato la lettera su carta, l’ho appoggiata sulla scrivania, è qui, e la guardo, in silenzio, solo col tintinnio dell’orologio che mi dice che il tempo scorre e non si ferma. In questo suo scritto, mi posso perdere o mi posso ritrovare, proprio come nella vita. Tic tac, tic tac, è feroce, né rallenta, né accelera, mai. Non voglio ragionare troppo, qui, su questa lettera, troppa mente non mi aiuta, la fermo. Con notevole sforzo, mi impegno a non fare niente, e trovare in questo spazio, apparentemente vuoto, un’intuizione. La vita in ogni istante mi chiede di riconfermare la mia presenza qui, su questa terra, per poter ardere, per poter attirare e respingere, proprio come la calamita. Il tempo che mi è stato dato, lo sto vivendo? Ci sono dentro? Questo è un modo per dare nuovo slancio al mio presente, illusoriamente fermo. Cos’è la cosa che mi fa essere più vivo oggi, in questo tic tac? Vive solo ciò a cui diamo la nostra attenzione, e muore ciò che non ne riceve. Che tipo di terra sto coltivando? Più innamorata o più disperata? Sento in me l’esigenza di una maggior attenzione alle relazioni, alle esperienze, al mio viaggiare. Mi impegno per avere uno sguardo attento che mi permette di leggere la realtà in modo vivo, che porta alla luce ciò che ho dentro, e che plachi le mie ombre e le mie paure. Non devo aspettare una tragedia per cambiare il mio modo di vivere. Mi impegno per avere un cuore attento, non superficiale, non distratto, che mi fa scorgere quel tesoro nascosto tra il tic e il tac. La vita non è mai mediocre, ci sono sempre dei miracoli, bisogna saperli vedere, perché sì che è importante la luce del cielo, ma altrettanto importante è la luce dentro noi stessi. Grazie Nicola, la tua mail ha dato vita ad una relazione e sono le relazioni che ci guariscono. Che sia davvero oggi il giorno giusto per muoverci nella vita, che sia a piedi o su una sedia a rotelle.

di Gian Paolo Sandri