Torniamo a mettere i bambini, i ragazzi, al centro. E riapriamo le scuole

A scuola le distanze e le mascherine hanno funzionato e funzionano. I problemi sono altrove, ma noi preferiamo chiudere le scuole piuttosto che mettere mano alle questioni vere, i trasporti, le carenze sull’organizzazione dei tracciamenti

Scuola Rientro
(foto ANSA/SIR)

Siamo un paese di vecchi, lo sappiamo.
Curvi su noi stessi, sui nostri bisogni immediati, non sappiamo più guardare avanti.
Non abbiamo imparato nulla dalle generazioni precedenti.
Dai nostri genitori, che si sono tolti il pane di bocca perché noi potessimo studiare.
Dai nostri nonni, che piantavano alberi sapendo che avrebbero dato frutti soltanto per i loro nipoti.
Da chi ha costruito per noi le bellezze immortali che il mondo sogna di venire a vedere.
I nostri vecchi credevano nella catena della vita, avevano fiducia nel futuro, che aveva il volto e il cuore dei loro piccoli, e per questo vivevano e lavoravano.
Noi camminiamo guardandoci la punta delle scarpe, ammirando il nostro ombelico, come se tutto finisse, alla fine di noi.
Se non fosse così, le scuole non sarebbero chiuse. Avremmo fatto di tutto per salvare il nostro futuro, che sono i bambini, i ragazzi.
È vero, i bambini sono a scuola, non tanto perché si creda nella scuola, nella sua valenza educativa, nel valore della conoscenza, del sapere, della cultura: sono a scuola perché così i genitori possono andare a lavorare. Una scuola babysitter, in fondo, svilita e avvilita.
Una funzione utile, certo, ma non prioritaria.
Le scuole sono chiuse, anche se sappiamo che non è nelle scuole che il virus si diffonde.
È successo nelle follie dell’estate, negli spazi aggregativi, nei centri commerciali, sui trasporti.
A scuola le distanze e le mascherine hanno funzionato e funzionano.
I problemi sono altrove, ma noi – vecchi, appunto – preferiamo chiudere le scuole piuttosto che mettere mano alle questioni vere, i trasporti, le carenze sull’organizzazione dei tracciamenti. In fondo è la cosa più comoda, tenere le scuole chiuse.
Ma è uno sfregio al futuro, un danno incalcolabile per i ragazzi, e alla fine lo sarà anche per la nostra economia, perché nonostante l’enorme sforzo degli insegnanti, la didattica a distanza non può sostituire la ricchezza e la profondità dell’imparare a scuola, tra persone, con i compagni.
Era giusto permettere a settori economici importanti di riaprire, nella sospirata zona arancione.
Sarebbe ancora più giusto tornare a mettere i bambini, i ragazzi, al centro dei nostri pensieri - della politica, prima di tutto – e riaprire le scuole, al più presto.

Maria Paola Longo