Il vangelo dell’Avvento – “Influencer” rodati e apprendisti

3ª domenica di Avvento 2020

lampada avvento
(foto Sir)

Nelle scorse settimane, mi aveva suscitato qualche perplessità la scelta del Presidente del Consiglio di chiedere a Chiara Ferragni e a Fedez di invitare i loro fan ad indossare la mascherina per limitare la circolazione del Coronavirus. “Papà, tu non capisci, loro sono influencer!” mi spiegavano gli adolescenti durante cena. “E vabbé, però siamo messi male se a dire di mettere la mascherina devono essere quei due!” la replica. Di nuovo: “Papà, al tuo canale Youtube sono iscritte 31 persone; la Ferragni solo in ottobre ha registrato 74,4 milioni di interazioni sui suoi social!”. Colpito e affondato! Al di là del fatto che papà non sarà mai un influencer - anche se spera che il lettore, mosso a compassione, accenda il computer e si iscriva subito al suo canale! - questo dato è interessante. I nati negli anni ’70 del secolo scorso necessitano della Treccani per capire qualcosa a proposito; se la aprono, leggono che l’influencer è un “personaggio popolare in Rete, che ha la capacità di influenzare i comportamenti e le scelte di un determinato gruppo di utenti e, in particolare, di potenziali consumatori, e viene utilizzato nell’ambito delle strategie di comunicazione e di marketing”. Avendo un ampio seguito di pubblico, con i suoi messaggi raggiunge un elevato numero di persone, creando così i presupposti per una divulgazione su larga scala di ciò che propone, anche attraverso il passaparola. Gli influencer sono cattivi? Non credo proprio; e i 74,4 milioni di persone che li seguono? Nemmeno. Parlando per immagini, com’è suo solito, Papa Francesco era arrivato a definire Maria “influencer di Dio” durante la Gmg a Panama. Diceva: “Senza alcun dubbio la giovane di Nazareth non compariva nelle 'reti sociali' dell’epoca, però senza volerlo né cercarlo è diventata la donna che ha avuto la maggiore influenza nella storia”. Come non essere d’accordo col Papa? E se il sommo Pontefice azzarda un paragone simile, il diacono permanente si sente autorizzato ad abbozzarne un altro a partire dal Vangelo di domenica.

“Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui” dice il Vangelo di domenica. E poi ancora: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore”. Il Battista non vuole forse “influenzare”, cioè orientare e convincere le persone che andavano da lui, al di là del Giordano, a credere nel Cristo? Non vuole forse che si crei “passaparola” tra la gente? Non vuole forse che, guardandolo, ciascuno “si ispiri” alla sua vita austera ed essenziale e si converta, cioè permetta al Signore che viene di camminargli incontro? Il tutto però senza approfittarne per vivere un momento di gloria, rimanendo punto di rimando e mai di riferimento, attirando l’attenzione su una persona reale e non “costruita”. Non è dato sapere quanti follower avrebbe avuto Giovanni se avesse aperto un account sui social; certo è che, grazie a gente come lui, in tanti siamo arrivati alla fede.

Paolo Tassinari