“Così Speranza ci ha umiliati”

Il mondo della montagna protesta per lo stop agli impianti sciistici, a 24 ore dalla prevista apertura

Archivio Cuneo Neve e Atl del Cuneese

Se la scorsa domenica è stato il giorno dello stupore, questi sono i giorni della rabbia. Il 14 febbraio, a meno di 24 ore dalla prevista apertura degli impianti sciistici che per tutto l'inverno erano entrati in funzione solo per gli atleti professionisti, Roberto Speranza ha detto "no". Il parere contrario del Comitato tecnico scientifico, preoccupato per le varianti del coronavirus emerse di recente, ha persuaso il ministro della Salute a non dare il "via libero", attesissimo dai gestori.

Ora si parla di una nuova data, il 5 marzo; ma è ovvio che questo rinvio, di almeno un mese, annulla la stagione sciistica. E ulteriore motivo di rabbia è l'enorme ritardo con cui il nuovo "no" è stato comunicato.

“Sono allibito da questa decisione che giunge a poche ore dalla riapertura programmata - è il commento del governatore del Piemonte, Alberto Cirio -. Il Comitato tecnico scientifico nazionale soltanto il 4 febbraio aveva stabilito che in zona gialla da lunedì 15 si sarebbe potuto sciare: su queste direttive il Piemonte si è mosso, nel rigoroso rispetto delle regole. Mi chiedo se non fosse il caso di fare queste valutazioni prima, invece di aspettare la domenica sera: è una mancanza di rispetto inaccettabile da parte dello Stato che dovrebbe garantire i suoi cittadini, non vessarli. In questi giorni è stato assunto personale, sono state battute le piste, pre-venduti i biglietti e prese le prenotazioni: come si può pensare di cambiare idea la sera prima?”. “Assurda e vergognosa una decisione simile presa il giorno prima: il ministro Speranza apra gli occhi e cerchi di capire che nel mondo reale le imprese sportive vivono di pianificazione e affrontano spese per la ripartenza”, aggiunge l’assessore allo Sport della Regione Piemonte, Fabrizio Ricca.

Tuona Fratelli d’Italia, partito politico che peraltro non sostiene il Governo Draghi. “Mi rendo conto di avere sopravvalutato la nullità, l’incapacità e l’irresponsabilità di chi ci governa. Se non hai mai lavorato un giorno nella tua vita e non sai che cosa sia il sacrificio, alla fine non puoi avere rispetto per il lavoro e la dignità delle persone, ma non puoi neanche fare il ministro: Speranza è inadeguato”, dichiara il consigliere regionale Paolo Bongioanni, che non risparmia critiche neppure al Comitato tecnico scientifico: “Prima il Cts dice di sì, poi dice no; ma non è uno scherzo, purtroppo. È la drammatica realtà che condanna l’economia della nostra montagna, il presidio delle nostre valli e umilia chi in quota ha il coraggio di vivere e lavorare”. Sulle ragioni del “no” e il ritardo con cui è stato comunicato, annuncia un’interrogazione Andrea Delmastro Delle Vedove, che a sua volta rivolge accuse al ministro della Salute: “Appena reinsediato, Speranza ha ricominciato a funestare l’Italia con l’unica strategia che i suoi neuroni concepiscono per superare la pandemia, le chiusure”. “Pare che il Governo Draghi voglia continuare sulla stessa linea delle follie restrittive del Conte 2 - commenta, in modo simile, l’onorevole Monica Ciaburro -. Un’altra presa in giro e mancanza di rispetto per la montagna e tutti i suoi operatori economici”.

Dalla Granda fa sentire la sua voce il presidente della Provincia Federico Borgna, che ha inviato una lettera allo stesso Speranza in cui ricorda i “numeri” dell’occupazione che lo sci crea nel Cuneese (14 comprensori sciistici, con 73 impianti di risalita per più di 350 chilometri di piste che danno lavoro a 400 operatori e 4.000 addetti tra diretto, indotto e filiera): “Riconosciamo la gravità del momento e la necessità di assumere le massime cautele per limitare la diffusione del contagio da Coronavirus - scrive Borgna -, ma la decisione del Governo e in particolare le modalità e i tempi con cui è stata gestita la vicenda degli impianti di risalita ci sono sembrati poco rispettosi del lavoro di tante persone che operano nel «comparto neve»”. Sul legame sci-occupazione insiste anche la Confartigianato cuneese (“Da parte della nostra associazione c’è un profondo sconcerto, che va a sommarsi ai tanti sforzi profusi fino ad ora per sostenere le tante imprese ormai allo stremo”), mentre la Confagricoltura della Granda denuncia come il “no” alla riapertura degli impianti sia “Una batosta non da poco, che si va ad aggiungere agli effetti non solo sulle piste, ma anche sull’intero indotto delle vacanze in montagna, dall’alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi che, dallo stop al turismo sulla neve, hanno subito un calo di fatturato fino al 90%”. Solidarietà agli operatori del settore da parte  della Camera di commercio di Cuneo, che auspica: “Si devono tenere nella dovuta considerazione il contesto economico delle imprese e il rispetto per il lavoro dei gestori”.

Sempre dalla Granda fa sentire la sua voce l’Atl del Cuneese, che segnala inoltre quanto beffarda sia la nuova data indicata per l’apertura degli impianti sciistici, quella del 5 marzo quando la primavera sarà alle porte e la neve in buona parte sciolta: “Lo sci non deve essere associato ad un mero concetto di divertimento, ma ad una questione di lavoro e di vita - spiega Mauro Bernardi, presidente dell’Azienda turistica locale del Cuneese -. Ricordiamo che l’indotto del «comparto neve», nella sola provincia di Cuneo, ruota sui 200 milioni di euro, il che significa creazione di posti di lavoro, dignità e futuro”. L’Unione nazionale dei Comuni, delle comunità e degli enti montani teme, a sua volta, un futuro tetro: “La stagione è finita, molti operatori mi hanno confermato che non apriranno più”, dice il suo presidente nazionale, Marco Bussone. Il Collegio nazionale dei maestri di sci si dice “sgomento” per “la disarmante situazione di abbandono che sembra voler solamente penalizzare la montagna, i suoi operatori e in particolare i maestri di sci italiani”: “Ancora una volta - lamenta il presidente Beppe Cuc - i maestri di sci italiani e la montagna nel suo complesso sono stati abbandonati e umiliati da una comunicazione tardiva”.