Per decenni si sono guardati in cagnesco, fratelli-coltelli in una guerra di campanili nella quale ogni reparto ospedaliero era un avamposto da difendere o un obiettivo da conquistare. Venerdì scorso, Fossano, Savigliano e Saluzzo si sono seduti allo stesso tavolo per ragionare sul futuro “ospedale unico del Monviso”. Era il primo incontro della Commissione ristretta, formata dai tre sindaci (Tallone per Fossano, Ambroggio per Savigliano e Calderoni per Saluzzo) e da altri quattro in rappresentanza dei Comuni più piccoli del Saluzzese (Vulcano, Manta), della montagna (Dovetta, Venasca), della pianura (Oderda, Racconigi) e del Fossanese (Gastaldi, Genola).
L’«ospedale unico» è il nuovo traguardo indicato dalla Regione, che ha invitato i territori a valutare e proporre una o più localizzazioni. Più ambizioso del “piano Magni” (che si proponeva di ristrutturare le tre sedi esistenti), corre il rischio, tuttavia, di riaccendere contrasti ormai sopiti, soprattutto tra Savigliano e Saluzzo, i due ospedali sopravvissuti alle politiche di razionalizzazione che negli anni hanno mietuto la “vittima” Fossano, penalizzato dallo scarso hinterland e trasformato in presidio di riabilitazione. Anche per questo, al termine della prima riunione, non priva di spigoli, le dichiarazioni sono state orientate alla massima prudenza. A parlare sono però gli argomenti all’ordine del giorno, tutti piuttosto loquaci.
Ampio servizio su "la Fedeltà" di mercoledì 24 febbraio