Vangelo della Quaresima 2 – Sempliciotti o sbalorditi

2ª Domenica Quaresima 2021

Crocifisso
foto SIR

Appena si incontrano amici dell’età giovanile che non si vedevano da molto tempo, è probabile che, tra una chiacchiera e l’altra, ci si fermi a ricordare le esperienze vissute insieme, quando si avevano 15 o 20 anni. Alcune, riviste a distanza, erano state brutte; molte altre carine e talvolta proprio belle; altre ancora, invece, straordinariamente belle. Spesso sono queste ultime ad essere evocate con maggiore facilità in quanto si contraddistinguono da tutte le altre: non si sa bene il perché, ma quella volta avevano toccato l’intimità di noi stessi e, per un attimo o forse di più, avevano suscitato un pensiero del tipo: “È proprio questo ciò che voglio per me, oggi e sempre: non può esserci qualcosa di più bello!”. Mi ritorna alla mente, a questo proposito, la salita al rifugio “Mantova”, 3.645 metri s.l.m., poco sotto la vetta del Vioz che domina la val di Pejo in Trentino Alto Adige, in compagnia del clan del gruppo Agesci al quale appartenevo. Poco più di 1.000 metri di dislivello percorsi dalla mattina al pomeriggio, con lo zaino sulle spalle carico di ciò che era necessario avere in una “route” di sette giorni. Paesaggi mozzafiato, amici cari a fianco, fatica e sudore, e la soddisfazione di arrivare alla meta: per nulla carino e neanche bello, ma straordinariamente bello essere stato lì! E oggi, a distanza di molti anni, il ricordo indelebile si mescola ad un pizzico di incredulità, un briciolo di epicità e un granello di nostalgia: stento a credere di essere arrivato fin lassù, di aver vissuto qualcosa di così grandioso e che, purtroppo in quel modo, non tornerà più.

Coloro che mai hanno vissuto qualcosa di analogo danno un’occhiata al Vangelo di domenica e pensano: “Che sempliciotto Pietro, proprio uno sciocco! Dice che è bello stare su quel monte, e che vorrebbe costruire tre capanne per rimanerci proprio, quasi a voler fermare il tempo! Povero tonterello! Le esperienze belle, prima o poi, finiscono sempre e la vita reale è tutta un’altra cosa! Svegliati!”. Eppure era stato Gesù, appena finito di parlare per la prima volta agli amici della sua morte, a condurli sul monte a prendere parte ad una esperienza maestosa e rigenerante, e fargli percepire qualcosa come una divina compagnia del Padre con Lui stesso. La reazione di Pietro, sotto questo profilo quindi, è quella di chi è consapevole che, nello scorrere dei suoi giorni, non può fare a meno degli amici e dell’Amico perché sperimenta come, in loro compagnia, sia possibile la faticosa salita di ogni monte e il non meno impegnativo ritorno a valle cioè, fuori metafora, con questa compagnia la vita diventa vivibile, credibile e bella nonostante le sgobbate e i dolori. La singolare esperienza che il Vangelo chiama “Trasfigurazione” quindi è, per i discepoli, il dono della luce necessaria per affrontare la notte più dura, quella del Getsemani, senza finirne risucchiati. E ogni straordinariamente bello che abbiamo vissuto, è altrettanto bagliore prezioso che contribuisce a rischiarare le notti di ciascuno.

Paolo Tassinari