“Falso” compost nei campi: azienda sotto sequestro

La "Olmo Bruno" di Magliano Alfieri non avrebbe trattato i fanghi che ritirava: operazione dei Carabinieri forestali, 11 indagati

Quei fanghi, provenienti da impianti di depurazione di acque reflue, dovevano essere trattati per diventare compost per uso agricolo, in particolare attraverso la miscelazione con materiale verde triturato: invece finivano quasi subito negli appezzamenti, “incorporati il prima possibile con le lavorazioni dei campi o semplicemente nascosti con un sottile strato di terreno vegetale”. Il tutto è stato scoperto attraverso un lunga indagine condotta dal Nucleo investigativo dei Carabinieri forestali di Cuneo e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino: ora ad un’azienda di Magliano Alfieri, la “Olmo Bruno srl” che capo al gruppo Egea di Alba, viene contestato il reato di traffico illecito ed organizzato di ingenti quantitativi di rifiuti. Undici persone sono indagate; di queste una ha “precedenti in ambito di criminalità organizzata”.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il mancato trattamento, che comporterebbe almeno 90 giorni di lavorazione, permetteva alla “Olmo Bruno” di guadagnare illecitamente, sui fanghi che giungevano in azienda appunto per essere trattati, fino a un milione e mezzo di euro ogni anno. Gli incaricati che prelevavano il falso compost per distribuirlo non lo pagavano, ma ricevevano un compenso che andava dai 7 ai 10 euro a tonnellata. I Carabinieri forestali continuano inoltre le indagini per far luce sul ruolo dei laboratori che fornivano alla Olmo Bruno le analisi di routine e su quello dei proprietari terrieri che ricevevano il falso compost.

Le indagini sono state avviate nel 2019, dopo segnalazioni di forti odori proveniente dalla stessa Olmo Bruno e da terreni dove avveniva lo spandimento. I Carabinieri forestali si sono poi serviti di intercettazioni telefoniche e ambientali e appostamenti per scoprire che “i fanghi, dopo l’ingresso nell’impianto di trattamento, venivano distribuiti in campo tal quali, talora dopo qualche ora, senza alcun trattamento e miscelazione col verde”, il che permetteva di “abbattere i costi gestionali e incrementare i quantitativi gestiti”. Sono inoltre “state effettuate perquisizioni su 18 obiettivi tra sedi aziendali, laboratori chimici e dimore private” e infine “posti sotto sequestro penale l’intera area aziendale, di circa due ettari con due capannoni, e circa 40 ettari di terreni agricoli o incolti, collocati nelle province di Asti Cuneo e Torino e già inseriti in richieste di contributi pubblici per l’agricoltura”.

“La Olmo Bruno - spiegano i Carabinieri forestali - possiede un impianto di compostaggio autorizzato a produrre fino a 42mila tonnellate annue di compost, a partire da fanghi di reflui urbani e industriali”. Le analisi su alcuni campioni affidate all’Arpa Piemonte “hanno evidenziato valori di mercurio e idrocarburi incompatibili con l’uso agricolo, ma anche contaminazioni da salmonella, valori oltre soglia di azoto inorganico, macroscopiche impurità e abnormi quantità di plastica”: anche per questo, secondo gli inquirenti quel falso compost distribuito dall’azienda è costituito, in realtà, da “veri e propri rifiuti”.