Dall’Albania all’Italia 1 – Arben Jera: “Avevo 14 anni quando arrivai a Fossano, ma…”

A colloquio con donne e uomini albanesi che il destino ha portato nella nostra città

Arben Jera

Trent’anni fa, il 6 e il 7 marzo del 1991, a Brindisi arrivarono quasi 27mila profughi. Scappavano da un regime che crollava. Fuggivano da un’Albania sull’orlo del collasso economico. Nel porto della città pugliese attraccarono decine di piccole imbarcazioni e grosse navi mercantili gremite di uomini, donne e bambini. Per molti di loro l’Italia rappresentava una vera e propria “terra promessa”, il sogno di una nazione ricca e benestante suggerita da film e talk show che avevano diffuso sull’altra sponda dell’Adriatico la speranza di un domani migliore. Dopo le paure e resistenze iniziali per un esodo a cui l’Italia era impreparata, l’accoglienza e la solidarietà mostrata dalla gente comune e dal mondo dell’associazionismo si rivelò straordinaria. Furono in molti a mobilitarsi per aiutare i profughi.

Bari, 8 agosto 1991: profughi albanesi della Vlora in banchina
Bari, 8 agosto 1991: profughi albanesi della Vlora in banchina

A distanza di trent’anni molti di loro si sono pienamente integrati nel tessuto sociale e lavorativo del nostro Paese e vivono con le loro famiglie nelle nostre comunità. Ne abbiamo incontrato alcuni: uomini e donne albanesi che il destino ha portato a Fossano.

Arben Jera non ha partecipato alla prima ondata di sbarchi, perché nel marzo del 1991 aveva solo 6 anni, ma la sua storia di fuga dall’Albania è come quella di tanti suoi connazionali arrivati in Italia negli anni Novanta. Arben giunse a Fossano nel settembre del 1999, con il padre e lo zio, dopo un viaggio lungo e pieno di “insidie”. “Me lo ricordo bene – dice Arben -: era il giorno della festa di San Matteo e don Biagio Mondino, che quella sera mi accolse, festeggiava trent’anni come parroco in Cattedrale. Venimmo ospitati da cugini albanesi che già abitavano a Fossano. Avevo 14 anni e una settimana dopo iniziai a frequentare la 2ª media”. Da allora sono trascorsi più di vent’anni: Arben nella nostra città ha studiato, ha ottenuto la cittadinanza italiana e dal 2008 lavora come impiegato alla Crf.
I particolari del viaggio che lo portò a Fossano sono rimasti impressi indelebilmente nella sua mente. Li abbiamo ripercorsi con lui.
Arben (nome che deriva da ‘arbereshe’, ossia gli albanesi italiani storicamente stanziati nell’Italia del Sud) trascorre l’infanzia a Lezhe, un paese nel Nord dell’Albania, in una zona dove la maggior parte della popolazione è dedita all’agricoltura. È da lì che proviene gran parte degli Albanesi che vivono a Fossano.
Sono anni segnati dalla difficile transizione democratica, tra la morte del dittatore Enver Hoxha (1984), la fine del regime comunista e l’inizio degli anni Novanta (le prime libere elezioni sono nel 1992). “Quando la statua di Hoxha venne abbattuta a Tirana, ricordo che mio nonno commentando la notizia in tv disse ‘È davvero finita!’. Avevo 6 anni”. Negli anni successivi l’Albania è scossa da crisi economiche e sociali anche violente che porteranno al secondo grande esodo verso l’Italia, nel 1997. Ma la decisione di andarsene dal Paese giunge più tardi, nel 1999. “Fu una decisione improvvisa, almeno per me. Il 7 settembre, alle 7 del mattino - lo ricordo benissimo - mio padre mi sveglia e mi dice ‘Véstiti, oggi partiamo’. Con un gruppo di venti persone, scendiamo al porto di Valona, dove restiamo alcuni giorni in attesa di un ‘passaggio’ per l’Italia”. Arben fa parte dell’ultimo esodo di massa dall’Albania: “Eravamo clandestini, però non partivamo all’avventura; il viaggio era ignoto, ma non la meta perché sapevamo che a Fossano c’era qualcuno ad attenderci...”.

Il racconto completo di Arben e le altre storie su La Fedeltà del 24 marzo