Senza Nido

“Buongiorno amore, è ora di svegliarsi”.“Oggi andiamo a scuola mamma?”. “No, la scuola è chiusa. Io tra poco vado al lavoro, papà è già partito ma cerca di tornare presto”. “E io con chi sto mamma?”. “Oggi con la nostra amica X. Poi domani con nonna Y e mercoledì con nonna Z. Giovedì stai con me che sono in smartworking, scriverò la sera, mentre tu fai la nanna del pomeriggio e magari ti faccio guardare un cartone. Venerdì c’è di nuovo la nostra amica X. Mi raccomando: anche loro non sono vaccinate. Controlla bene che tengano la mascherina, così ci proteggiamo tutti”. Mentre spieghi a tua figlia, neanche tre anni, il suo programma settimanale ti chiedi che senso abbia: con l’asilo nido aperto sarebbe stata a contatto solo con la “sua” bolla, ora deve fare il giro dei sette campanili rischiando di diventare senza saperlo veicolo di contagio. Tutto sommato lei è fortunata: quando è scattato il primo lockdown aveva da poco superato l’anno e mezzo, non ha consapevolezza di ciò a cui ha dovuto rinunciare. Si è abituata ai volti nascosti dalle mascherine, a igienizzare le mani venti volte al giorno, che “oggi hanno messo le strisce allo scivolo, mamma, non ci possiamo andare”, che con i nonni non può mangiare perché dovrebbero abbassare la mascherina, che le candeline del compleanno si spengono sventolando le mani e non soffiando, che i palloncini si gonfiano con la pompetta e non a fiato, che le bolle di sapone meglio se le fa con mamma o papà. Ma a nemmeno tre anni vederla privata anche del nido, dell’incontro con i suoi compagni e le maestre, l’ultimo baluardo di socialità che le è rimasto, un luogo in cui impara a stare con gli altri, in cui si diverte e assorbe, conosce l’amicizia, la condivisione, la bellezza della diversità, un luogo in cui hanno ritarato tutta l’organizzazione in nome della sicurezza, fa male. A un anno dall’arrivo della pandemia non aver trovato soluzione altra alla chiusura delle scuole è sbagliato. E assurdo.Si è abituata ai volti nascosti dalle mascherine, a igienizzare le mani venti volte al giorno, che “oggi hanno messo le strisce allo scivolo, mamma, non ci possiamo andare”, che con i nonni non può mangiare perché dovrebbero abbassare la mascherina, che le candeline del compleanno si spengono sventolando le mani e non soffiando, che i palloncini si gonfiano con la pompetta e non a fiato, che le bolle di sapone meglio se le fa con mamma o papà. Ma a nemmeno tre anni vederla privata anche del nido, dell’incontro con i suoi compagni e le maestre, l’ultimo baluardo di socialità che le è rimasto, un luogo in cui impara a stare con gli altri, in cui si diverte e assorbe, conosce l’amicizia, la condivisione, la bellezza della diversità, un luogo in cui hanno ritarato tutta l’organizzazione in nome della sicurezza, fa male. A un anno dall’arrivo della pandemia non aver trovato soluzione altra alla chiusura delle scuole è sbagliato. E assurdo.