Trent'anni fa quasi 27 mila persone sbarcavano a Brindisi. Arrivavano dall'Albania e quello è diventato il viaggio "simbolo" di un processo di migrazione durato a lungo.
A distanza di trent’anni molti di loro si sono pienamente integrati nel tessuto sociale e lavorativo del nostro Paese e vivono con le loro famiglie nelle nostre comunità. Ne abbiamo incontrato alcuni: uomini e donne albanesi che il destino ha portato a Fossano.
“In Albania non ci mancava da mangiare, ma non avevamo prospettive di crescita per la nostra famiglia. Per questo siamo partiti per l’Italia e per questo, ora, non tornerei indietro”. Liza Lumci ora vive a Carmagnola, ma da quando si è trasferita in Piemonte ha sempre condiviso le iniziative della comunità albanese di Fossano e dell’associazione “Famiglia Besa”. Il primo a affrontare il viaggio per l’Italia, 23 anni fa, è stato il
papà di Liza: “mia mamma, i miei fratelli e sorelle ed io siamo rimasti a Shkoder, nel nord Albania. Lì vivevamo in campagna, di agricoltura e allevamento. Non ci è mai mancato il cibo nel piatto, ma non potevamo pensare di fare qualcosa di diverso o un acquisto importante perché a quel punto probabilmente i soldi non sarebbero bastati”. Il papà di Liza in Italia ha trovato un lavoro stabile: a quel punto bisognava decidere cosa fare perché la famiglia non voleva rimanere separata. “O lui tornava in Albania o partivamo anche noi – sottolinea -. Le prime a arrivare in Piemonte siamo state io e mia sorella, che eravamo
maggiorenni: io 21, lei 19 anni. Là avevo da poco concluso i miei studi post diploma e iniziato a insegnare l’inglese in una scuola materna, mi piaceva moltissimo. Sapevo che in Italia i miei titoli non avrebbero avuto alcun valore. Perciò non è stato facile lasciare tutto, pesava soprattutto partire senza la mamma e i fratelli non sapendo quando papà sarebbe riuscito nel ricongiungimento”.
Il racconto completo di Liza e le altre storie su La Fedeltà del 24 marzo