Pasqua, quando parlare di vangelo diventa difficile

Domenica di Pasqua 2021

La Resurrezione, Piero della Francesca, Museo Civico di Sansepolcro
La Resurrezione, Piero della Francesca, Museo Civico di Sansepolcro

Scrivere il commento ad un testo, sia esso una poesia, un romanzo o quello di una canzone, comporta due atteggiamenti: stare di fronte a quelle parole e ascoltarle, e stare con sé stessi e ascoltarsi. Mentre scrivo, mia moglie sta male: da una settimana il Covid l’ha aggredita e la sta colpendo come solo un farabutto (vorrei dire “bastardo”) è capace di fare; certo, non è in ospedale e purtroppo tanti altri stanno peggio di lei. Ma io devo scrivere e mia moglie sta male. Questo dico se mi ascolto. E nel testo che ho di fronte, non c’è qualcuno che cammina sull’acqua, fa vedere un cieco o camminare uno zoppo; non c’è neanche chi dice di prendersi a cura i poveri, amare i nemici o rispettare il creato. È Pasqua, cioè ho davanti a me il cuore pulsante della fede cristiana e niente di meno; questo dico se ascolto il Vangelo. Timore e incertezza da una parte - la saturazione di mia moglie è bassa -, audacia e certezza dall’altra - Gesù Cristo è veramente risorto. E allora: scrivo lasciando in sospeso le mie preoccupazioni oppure le prendo in considerazione? Se scelgo la prima opzione risuona la voce degli spiritualisti: “Bravo, fai bene, annuncia la risurrezione del Signore e vai tranquillo!”. Se scelgo la seconda, odo quella dei moralisti: “Non farlo, perché così cadi nei personalismi!”. Insomma, per scrivere un commento, devo ascoltare la mia vita oppure il Vangelo “parla già da sé”? Posta in questo modo, però, la domanda può solo portare fuori strada: vita e Vangelo non sono mai contrapposti! E Maria Maddalena oggi lo mostra.

Avesse ascoltato solo la sua vita, sarebbe rimasta a casa a piangere l’amico morto sulla croce; la morte è come un muro, puoi batterlo finché vuoi, ma lui resterà più forte di te. Avesse ascoltato solo il Maestro quando in vita parlava di resurrezione dai morti, avrebbe nascosto un sorriso: “… tanto alla fine gli andrà bene!”. No! Il primo giorno della settimana, la Maddalena anziché ripiegarsi nel dolore o, al contrario, essere gioiosa, ci fa vedere cosa significa essere credenti. Sapete perché? Perché si dona. Sì: la Maddalena dona l’incertezza di uscire di casa al buio, la paura di incontrare malintenzionati e l’affetto per l’Amico morto in croce che crede perduto. Poi dona lo stupore per quello che vede: una pietra rimossa, uno spazio vuoto e nient’altro. Infine dona la corsa, le parole e l’anomalia di un annuncio dato da una donna a due uomini: è lei, e solo lei, a mettere in movimento Pietro e Giovanni, e a farli correre verso il sepolcro, luogo dove vedere e credere che il Signore sia veramente risorto. A ben guardare poi, i “doni della Maddalena” sono identici a quelli che si ritrovano in una storia di amore! Cos’è il matrimonio se non incertezza, paura, affetto, stupore, corsa, anomalia, singolarità e fiducia? Cosa significa essere compagni di una vita se non aver meritato e meritare la corsa l’uno dell’altro? Il Vangelo entra nella vita, qualunque essa sia, e viceversa, sempre: possa entrare oggi, giorno di Pasqua, nella vita degli ammalati di Covid e nei loro familiari. Come Maria, la Maddalena, faremo di tutto per non smettere di avere fiducia e continuare a donarci.

Paolo Tassinari