“Rimboccarsi le maniche per raggiungere le 500mila vaccinazioni al giorno”

Patrizia Laurenti, direttore dell’Unità di Igiene ospedaliera e responsabile del Centro di vaccinazione del Policlinico Gemelli di Roma, in prima linea da più di tre mesi nella lotta al Sars-Cov2. No a “sovranismi” vaccinali, avverte, perché il vaccino “deve essere a disposizione di tutti, anche nei contesti più fragili”.

Covid Vaccino Photo By Steven Cornfield On Unsplash

In attesa del quarto vaccino approvato dall’Ema – quello di Johnson&Johnson – e tra gli interrogativi sull’efficacia degli attuali sieri contro le varianti, prosegue la campagna di immunizzazione con l’obiettivo di arrivare a 500mila inoculazioni al giorno. Intanto il giorno di Pasqua, nel messaggio “Urbi et Orbi”, Papa Francesco ha definito i vaccini “strumento essenziale” nella lotta contro il Covid-19 ed ha esortato “l’intera comunità internazionale a un impegno condiviso per superare i ritardi nella loro distribuzione e favorirne la condivisione, specialmente con i Paesi più poveri”.
Di tutto questo parliamo con la professoressa Patrizia Laurenti, direttore dell’Unità di Igiene ospedaliera e responsabile del Centro di vaccinazione del Policlinico Gemelli di Roma.

Professoressa, secondo lei l’obiettivo delle 500mila inoculazioni al giorno è realistico? In quali tempi e a quali condizioni potrebbe essere raggiunto?
Deve essere realistico! Se nei punti vaccinali ordinari – non mi sto riferendo ai grandi hub come la Nuvola, l’Auditorium o Fiumicino – vi saranno risorse umane sufficienti per eseguire almeno 400-500 somministrazioni al giorno e adeguata disponibilità di dosi, la campagna vaccinale potrà ricevere un forte impulso entro aprile. Questo è un mese decisivo sia dal punto di vista dell’evoluzione degli indici legati alla pandemia – soprattutto nuovi positivi, ricoveri ordinari e in terapia intensiva, decessi – sia dal punto di vista dell’incremento delle dosi di vaccino.
Aprile sarà un mese davvero cruciale: dobbiamo tutti rimboccarci le maniche per raggiungere le 500mila vaccinazioni al giorno, l’unica possibilità per sperare che il 2021 sia l’anno della svolta.

Ad oggi sono stati consegnati poco più di 14 milioni di dosi, il 90% di quelle previste nell’ultima versione del piano vaccinale, la metà di quelle previste nella prima versione.
Purtroppo, la quantità delle dosi effettivamente disponibili ha reso necessaria una riprogrammazione. Si pianifica in funzione delle disponibilità, e con l’accortezza di garantire la seconda dose a tutti quelli che hanno ricevuto la prima perché non siamo orientati a modificare, come suggerito da alcuni, la schedula vaccinale.
Il primo trimestre è stato un po’ una prova generale; il secondo sarà espressione di quello che saremo in grado di fare per garantire tenuta stabile e costante al sistema; il terzo e quarto serviranno per raggiungere l’obiettivo dell’immunità di gregge, ossia il 70-80% di copertura tra settembre e ottobre come chiede il nuovo piano vaccinale dell’attuale commissario straordinario.

Ormai la mutazione inglese è predominante (quasi 87%). Qual è il grado di efficacia degli attuali vaccini?
È buono: i dati del calo di infezioni negli operatori sanitari e negli ultraottantenni sono favorevoli e dimostrano che i vaccini sono efficaci anche contro questa variante che ormai ha sostituito la forma primitiva del virus. Bisogna però spingere con le vaccinazioni anche nei contesti sociosanitari più fragili perché solo questo consentirà di contenere lo sviluppo e la diffusione di altre varianti.

Lo ha chiesto anche il Papa il giorno di Pasqua, nel messaggio “Urbi et Orbi”.
La comunità internazionale deve mettersi a disposizione per garantire le vaccinazioni nei territori più poveri del mondo: penso in particolare a Brasile e Africa. Oltre ad essere un dovere etico è anche un dovere sanitario. Mi auguro che il meccanismo Covax funzioni: dopo un anno e mezzo di pandemia non ci deve essere alcun “sovranismo” vaccinale. Il vaccino deve essere a disposizione di tutti e nelle migliori condizioni possibili. Sappiamo quanto sia importante, soprattutto per i vaccini più delicati come quelli a mRNA, garantire la catena del freddo; per questo abbiamo grandi aspettative per il siero Johnson&Johnson. Spero che le aziende produttrici facciano la propria parte con generosità offrendo supporto nella fornitura e distribuzione dei vaccini nei contesti più fragili.

Un imperativo morale ma anche di salute pubblica per bloccare le varianti.
Oltre alle varianti già note, continuano ad apparirne di nuove, ultima la cosiddetta “giapponese”. Se fosse necessario, sarebbe semplice “adeguare” i vaccini per mantenerne l’efficacia? Ad oggi sono state identificate oltre mille varianti; un fenomeno che deve continuare ad essere monitorato con grande attenzione, soprattutto rispetto all’efficacia vaccinale. Se mi permette, vorrei lanciare un messaggio di speranza.

Quale?
La tecnologia di produzione di questi vaccini, soprattutto quelli a mRNA, è così versatile che, nel caso prendessero il sopravvento varianti alle quali il vaccino dovesse non rispondere, sarà facile predisporre una nuova “ricetta” nell’informazione genetica che l’RNA messaggero veicola. Insomma, la soluzione c’è, e può essere messa in campo rapidamente ed efficacemente. Con i vaccini a mRNA si tratta in fondo di modificare le istruzioni nel codice genetico.

Ci sono in Italia alcuni operatori sanitari che rifiutano di farsi vaccinare. Come valuta i provvedimenti al riguardo previsti dal decreto del Governo?
Li ritengo necessari. Ho sempre sostenuto il valore della vaccinazione come scelta responsabile di un professionista formato, ma di fronte alla “vaccine hesitancy” di alcuni l’obbligo è l’unica strada perché in questo momento il rifiuto del vaccino da parte degli operatori sanitari è inaccettabile. In prospettiva dovremo però ragionare sulla formazione del personale medico e paramedico a quella che è l’evidenza scientifica.

Secondo lei il Sars-CoV-2 diventerà endemico, ossia con un tasso di mortalità pari o inferiore a quello dell’influenza?
È verosimile che nei prossimi anni sia questa la prospettiva. Ce lo dice anche la storia delle precedenti epidemie e pandemie. Tuttavia, l’endemia, o endemicità, la raggiungeremo solo con la vaccinazione.

(fonte Sir)