Rifkin’s Festival

RIFKIN’S FESTIVAL

di Woody Allen; con Wallace Shawn, Gina Gershon, Louis Garrel, Christoph Waltz, Elena Anaya, Sergi López.
Del malefico Covid non ci siamo ancora liberati, eppur qualcosa si muove, e così anche in Provincia qualche cinema prova ad alzare i battenti e aprire il sipario. A Bra, a Busca, a Savigliano l’“Aurora” dell’amico Marco Panuzzo, pian piano si torna a dare vita alla magia del cinema e noi, (finalmente) lontani dal divano, nel buio della sala possiamo nuovamente condividere con altri spettatori lo schermo 6x3, il dolby surround, il fascino dello spettacolo più bello del mondo. E proprio dedicata alla settima arte è “Rifkin’s Festival”, la nuova meta-cinematografica commedia di Woody Allen che sullo sfondo di una stupenda San Sebastian si lancia in una delicata riflessione sul senso dell’esistere e sul valore degli affetti, un’analisi attenta e meditata ma al contempo altamente ironica e divertente, su ciò che conta davvero nella vita. Docente di cinema oramai in pensione Mort Rifkin (un Wallace Shawn bravo ma purtroppo non così azzeccato come alter ego di Allen) decide di accompagnare la moglie Sue (Gina Gershon) al festival internazionale del cinema di San Sebastian dove lei sarà impegnata come press agent di numerosi artisti. Mort sospetta, con qualche fondata ragione, che la moglie si sia invaghita del giovane e vanesio regista Philippe (Louis Garrel) e l’evolversi, o meglio, il disgregarsi del rapporto di coppia offrirà all’anziano docente più di un’occasione per riflettere su se stesso e sulla sua vita (“ho preso un sacco di decisioni sbagliate” è una delle sue battute più toccanti e sincere), complice anche una dolcissima dottoressa cinefila che scuoterà Mort dal suo ipocondriaco torpore. Tormentato da sogni che talvolta si trasformano in incubi e che sempre prendono il corpo e il volto del grande cinema europeo - da “Jules e Jim” di Truffaut a “Il fascino discreto della borghesia” di Bunuel, passando per Fellini sino al “Settimo sigillo” di Bergman - Mort riflette, per così dire “a voce alta” su vanità e senso della vita e mentre il suo matrimonio con Sue lentamente scivola verso il fallimento, il grande cinema del passato e l’amicizia con la dottoressa Rocas (Elena Anaya), operano in maniera terapeutica sull’animo di Mort, offrendogli la possibilità di un nuovo sguardo sulla vita. Da vedere.