Il vescovo passato per Maddalene (1ª parte)

L'antico mulino di Maddalene, abitato dalla famiglia Bologna dal 1911

“Di questo ne faremo un vescovo”, annuncia trionfante papà, andando in municipio a “denunciare”, come si faceva un tempo, la nascita del suo primogenito. È la mattina del 10 agosto 1898 e solo dalla sera precedente il vagito del preconizzato vescovo si fa sentire in casa Bologna, a San Pietro del Gallo, in quello che è il mulino della frazione, prospiciente la strada per Caraglio. Non sappiamo in base a cosa il mugnaio del Gallo abbia dedotto il destino episcopale del figlio, ma certo è che, davanti ad una tal previsione, ancora maggiormente occorre rispettare l’invito della Chiesa che, in un tempo caratterizzato da una elevata mortalità infantile, raccomanda la celebrazione del battesimo entro le 48 ore dalla nascita. Che anche in questo caso viene puntualmente rispettato, nella chiesa del Gallo, dove il neonato riceve il nome di Secondo, esattamente come si chiama il nonno paterno che, come vuole la tradizione, deve essere il primogenito maschio ad “arnomè”.  Quindi, “secondo” di nome ma non di fatto, perché di papà Giuseppe è soltanto il primogenito, mentre con la sua nascita, mamma Margherita Giordano arriva al suo sesto parto, dopo i cinque figli avuti dal primo marito Giacomo Lerda, di cui è vedova da alcuni anni. Da questo secondo matrimonio nasceranno altri quattro figli, dando vita ad una vera famiglia patriarcale, che come tutte quelle dei fittavoli dell’epoca, deve fare diversi traslochi alla ricerca di lavori più redditizi o condizioni più favorevoli di affitto. E i mugnai non fanno eccezione.

Così la strada dei Bologna si interseca con quella della nostra diocesi nel 1911, quando vengono a prendere casa e lavoro nel mulino di Maddalene, che si affaccia sul canale Tavolera, sulla strada per Fossano. Secondo è già entrato in seminario a Cuneo un paio di anni prima e lì resta, anche se il trasloco determina per lui un cambio di diocesi. A Maddalene torna, come tutti i seminaristi, nei mesi estivi, frequentando questa chiesa parrocchiale, nella quale domenica 8 ottobre 1916 riceve l’abito clericale, che tuttavia deve svestire alcuni mesi dopo: la Prima guerra mondiale, in pieno svolgimento, reclama per il fronte anche i ragazzi poco più che diciottenni. Arruolato negli Alpini, frequenta il corso di allievo ufficiale, viene promosso sottotenente e, a guerra finita, presta servizio per 14 mesi in Anatolia (Turchia). L’ambiente militare potrebbe essere considerato il meno adatto per un seminarista, ma Secondo riesce a imporsi per la sua serietà, la sua diligenza e la sua coerenza. «Gli dobbiamo rispetto, in sua presenza bisogna che ci comportiamo bene», ordina il comandante di Battaglione che non spicca certo per sensibilità religiosa, a dimostrazione dell’autorevolezza con cui il militare-seminarista ha saputo imporsi anche sotto le armi.

Durante il suo servizio militare la famiglia fa un altro trasloco, trasferendosi al mulino di Sant’Anna Avagnina: di neanche dieci anni, e per di più non di residenza stabile, è dunque il periodo trascorso a Maddalene, eppure (come vedremo nella prossima puntata) destinati a lasciare un segno profondo nella sua vita. A dicembre 1920 si congeda, rinunciando alla carriera militare, che pure gli si prospettava brillante e che avrebbe anche determinato l’esenzione dal servizio di qualche suo fratello più giovane, per ritornare in seminario. Segno che l’ambiente militare non solo non è riuscito a mortificare la sua aspirazione al sacerdozio, ma forse l’ha addirittura rafforzata. Sotto le armi ha continuato a studiare, conseguendo la licenza liceale a marzo 1920, così nel dicembre successivo può riprendere i suoi studi in seminario per recuperare il tempo perso e arrivare al sacerdozio il 22 giugno 1924.

Subito, in omaggio alla sua intelligenza viva e all’applicazione negli studi che ha dimostrato, lo destinano all’insegnamento in Seminario, di cui diventa anche vicerettore nel successivo anno scolastico; sembra, in sostanza, che venga sempre più a delinearsi un suo futuro ed esclusivo impegno di docente e magari anche di rettore del Seminario di cui sembra possedere tutte le doti, ma ci pensa la Provvidenza a scombinare le carte, destinandolo già nel 1927 a viceparroco di monsignor Peano nella guida della parrocchia del Sacro Cuore di Cuneo. Una nomina che gli conferisce anche il diritto di successione di un parroco ultraottantenne e perciò ormai sul viale del tramonto, che di questa chiesa però è stato il fondatore e la colonna portante ed è quindi dotato di una forte personalità e gode di una indiscussa autorevolezza. Se ai disturbi propri dell’anzianità si aggiungono gli inconvenienti di una quasi completa sordità che lo rende sospettoso, diffidente e insofferente, si può capire il motivo per cui i suoi precedenti viceparroci siano stati sostituiti con tanta frequenza e anche perché non manchino occasioni di scontro pure con don Bologna, essendo entrambi uomini santi, ma pur sempre uomini.

(1-continua)