Ci sono immagini simbolo che ci porteremo sempre nel cuore. Talmente evocative che restano impresse anche dopo anni e si scolpiscono nella memoria anche di chi non le ha viste in diretta. Così è ancora oggi per l’urlo di Tardelli nell’82 e l’esultanza di un Pertini indimenticabile. Entreranno nella storia anche le immagini di domenica scorsa, di questi Europei arrivati dopo un anno e mezzo di pandemia. Che non cancellano altre immagini indelebili e tragiche come le file di mezzi militari che portano via le bare, ma ci donano un po’ di normalità. E ci fanno nuovamente sognare. Il calcio, quello sano, ha anche questa funzione. E allora ci portiamo a casa, oltre alla coppa, anche qualche bella fotografia. Quella di due grandi amici, Mancini e Vialli, stretti in un abbraccio che vale più di mille parole, con lacrime che sanno di gioia vera e liberazione. C’è la foto del presidente Mattarella che esulta e rappresenta un po’ tutti gli italiani (lo fa anche nei momenti della prova) e lo fa mostrando un’empatia alla quale forse non eravamo abituati. C’è la foto di gruppo di una squadra in cui atleti poco più che ventenni giocano a fianco di campioni navigati. Insieme, perché soltanto insieme il sogno diventa risultato. Sarà anche solo una partita di calcio, ma è un promemoria importante, che si parli di sport, di covid, della vita stessa. E poi ci sono immagini meno belle come quelle, che speriamo non passino alla storia, di atleti che si levano la medaglia. Che poi, tra l’altro, è quella di un secondo posto. E non dovrebbe fare schifo...