“Black widow” – “Atlas”

Black Widow

BLACK WIDOW
di Cate Shortland; con Scarlett Johansson, Florence Pugh, Rachel Weisz, William Hurt, David Harbour.
In attesa di poter vedere in sala le pellicole presentate al 74° Festival di Cannes (si veda in proposito l’articolo dedicato al festival in altra parte del giornale, ndr.) e qualche altra interessante nuova uscita come “Occhi blu” (film di esordio alla regia di Michela Cescon, stranamente non ancora distribuito in Piemonte), in Provincia il cartellone ci propone due film “al femminile” assai diversi tra loro ma entrambi decisamente adrenalinici.
Il primo è “Black widow” (dal 7 luglio in sala e dal 9 luglio in streaming su Disney+ con Accesso Vip) roboante produzione dell’universo Marvel, con Scarlett Johansson a vestire per la settima, e probabilmente ultima volta, le vesti della “Vedova nera”. L’esordio era avvenuto nel 2010 con “Iron Man 2”, dopo di che la Black Widow/Natasha Romanoff avrebbe preso parte ad altri sei film della (infinita) saga Marvel: “The Avengers”; “Captain America: The Winter Soldier”; “Avengers: Age of Ultron”; “Captain America: Civil War”; “Avengers: Infinity War” e infine “Avengers: Endgame”.
Ora, in quest’ultimo capitolo a lei completamente dedicato ci troviamo agli albori della storia di Natasha, viene approfondito il suo passato, il legame con la natia Russia e poi con la sua famiglia adottiva, il modo in cui la ragazza è stata cresciuta e trasformata in una super spia. Natasha dovrà fare i conti con il suo passato da spia e con quanto aveva lasciato alle sue spalle molto prima di diventare un Avenger. Inutile dire che le sequenze d’azione sono di altissimo livello, a nostro giudizio tra le più spettacolari in assoluto realizzate per un “marvel movie” ed anche la struttura del plot garantisce un elevato livello di coinvolgimento dello spettatore. Un cinema leggero ed escapista, a suo modo divertente, per chi cerca evasione e fuga dalla realtà.

Atlas

ATLAS
di Niccolò Castelli; con Matilda De Angelis, Helmi Dridi, Nicola Perot, Irene Casagrande, Anna Manuelli, Neri Marcorè.
Secondo lungometraggio del regista svizzero (di Lugano) Niccolò Castelli, “Atlas” è un interessante racconto di amicizia, di lutti e di riscatto che conferma le straordinarie qualità di interprete della giovane Matilda De Angelis (non a caso premiata nei giorni scorsi come Migliore Attrice alla 67ª edizione del Taormina film festival 2021). Appassionata scalatrice, Allegra (Matilda De Angelis) condivide la passione per la montagna con un gruppo di amici tra cui il suo fidanzato Benni, Sofia e il ragazzo di lei, Sandro. Musica e concerti, arrampicate e serate in compagnia, i quattro ragazzi vivono la loro giovinezza con spensierata intensità. Un giorno Allegra propone al gruppo di alzare l’asticella e di andare in Marocco per un trekking e un round di scalate sui monti della catena dell’Atlante. Pur con qualche titubanza il viaggio prende corpo, ma giunti nel Nord Africa i quattro amici verranno coinvolti in un attentato terroristico che travolgerà le loro esistenze. Devastata da quanto accaduto in Marocco, travolta dal senso di colpa per essere stata lei, in primis, a spingere gli amici a vivere quell’avventura, Allegra dovrà fare i conti con la sua esistenza, con ciò che le si pone davanti e ciò che si è lasciata dietro e il suo personaggio tanto intenso quanto delicato vivrà sulla sua pelle le contraddizioni, i drammi e le lacerazioni della nostra contemporaneità, dove i ventenni (e non soltanto loro) vivono da una parte il desiderio di apertura e dialogo con il mondo ma dall’altra devono confrontarsi con il dilagare dei fondamentalismi islamo-nazisti piuttosto che i deliri suprematisti e sovranisti delle ultra-destre mondiali, i veri nemici della società aperta e della democrazia. Senso di colpa, dolore, rabbia, solitudine, voglia di vendetta, desiderio di riscatto, il film di Castelli ci accompagna lungo tutte queste situazioni, ci porta ad accarezzare tutti questi sentimenti. La scalata, la durezza della roccia, la necessità di non mollare l’appiglio, la montagna come sfida sono al contempo metafore visive di grande potenza che il regista utilizza con sapienza per raccontare il percorso di risalita che Allegra si trova a dover compiere. Da non vedere.