Fede, speranza e carità, come abbiamo visto, sembrano da don Luigi essere vissute in grado eroico, anche se al riguardo manca il riconoscimento ufficiale della Chiesa. Probabilmente, per un certo periodo, vien fatto anche più di un pensierino sull’avvio della sua causa di beatificazione e se ci si arrende non è certo perché manchino elementi probanti, quanto per la complessità e le difficoltà che una tal impresa comporta. Lo testimonia la biografia che viene edita a nove anni dalla morte, redatta con i criteri e con le modalità di una “positio”, come se dovesse servire ad impostare a breve un processo di beatificazione in piena regola. Ne è autore un anonimo “fossanese”, che da altre fonti sappiamo essere il padre Paolino Cirotti, fratello della Maria, fondatrice delle Figlie della Divina Provvidenza. Riporta quindi elementi di prima mano, quali solo una tal santa donna può testimoniare, avendo avuto da don Luigi una illuminata direzione spirituale ed essendo stata depositaria di tante sue confidenze. Dai ricordi dei testimoni emergono innanzitutto i suoi prolungati colloqui con Dio che sfociano in estasi, dalle quali occorre scuoterlo per ricondurlo alla realtà, così come si ricordano le sue penitenze nel cibo e nel bere, limitato all’indispensabile per la sopravvivenza e che tanto lo accomunano al contemporaneo Curato d’Ars. «Io vorrei che la mia volontà fosse sempre una cosa stessa con quella di Dio e quasi incorporata assieme»: è una delle sue confidenze più intime che lascia intravvedere il suo percorso ascetico e la sua intensa spiritualità, che si esprime anche nell’accettare “per amor di Dio” i piccoli e grandi infortuni della vita (come, ad esempio, la rovinosa caduta da una scala) ringraziando Dio «che mi mandò quest’occasione di farmi un merito cui non avevo nemmeno pensato».
A raccontare delle sue penitenze fisiche viene conservato ancor oggi un cilicio, in ruvida maglia di ferro, che indossa abitualmente sulla nuda carne fino alla fine. Non stupisce quindi che da una così intensa unione con Dio scaturiscano piccoli e grandi "segni", come guarigioni più o meno eclatanti (una di queste riguarda proprio Maria Cirotti, guarita in punto di morte da una sua semplice benedizione); predizioni di cose future e introspezioni delle coscienze soprattutto durante l'esercizio della direzione spirituale; conversioni a iosa che si registrano sia durante le predicazioni e sia durante incontri personali, al letto di malati, nelle case di peccatori incalliti e donne di dubbia moralità, presso i quali sembra essere guidato da una invisibile, ma infallibile, mano. È d'altronde nota la sua straordinaria familiarità con l'Angelo Custode, che in alcuni casi sembra svolgere (si perdoni la nostra irriverenza) le funzioni di un telefono cellulare, rintracciandolo e trasmettendogli indicazioni su dove dirigersi. Lo testimonia, tra gli altri, "madama Cerutti", che dovendo comunicare urgentemente con don Luigi chiama in aiuto proprio l'angelo custode. E che questa non sia una "chiamata persa" lo dimostra lo stesso sacerdote, che dopo alcuni minuti bussa alla porta degli sbalorditi Cerutti per sapere cosa di urgente gli dovessero comunicare. «Niente desiderava quanto di vedere tutti felici e contenti, anche se il raggio di gioia che cercava nell'occhio del sofferente era per lui causa di rinunzie e di sacrifici non lievi», concordano i testimoni.
Un uomo così, sfiancato da penitenze, privazioni e da un intenso ritmo di attività benefica, a 68 anni è completamente consunto. Se già altre volte il suo fisico ha dato preoccupanti segni di cedimento, il vero tracollo si registra nell'inverno 1850, anche se egli cerca di reagire, rispondendo sempre prontamente ad ogni chiamata. Un giorno lo raccolgono privo di sensi ai piedi del letto di un agonizzante, al quale non ha voluto negare gli ultimi sacramenti sebbene sia lui stesso febbricitante. Devono riaccompagnarlo passo passo in seminario, dove si mette a letto e sembra sul punto di spirare, ma dopo alcuni giorni è di nuovo in piedi, anche se debolissimo. Il medico ordina di fargli cambiare aria, nella speranza che in questo modo si riposi e accetta allora l'ospitalità offertagli dai signori di Montmorency, affrontando il 18 febbraio, in condizioni di salute davvero precarie, il viaggio verso la loro villa nei dintorni di Carmagnola. Qui la situazione precipita e muore il successivo sabato 23. La notizia giunge a Fossano il giorno dopo e subito si scatena la guerra su dove dargli sepoltura, visto che la sua salma è contesa tra la parrocchia di Andezeno, il paese natale di Murello e la nostra diocesi, mentre i Montmorency, tagliando corto, lo fanno seppellire nella chiesa del luogo in cui è deceduto. La discussione va avanti nei giorni successivi e alla fine la spunta il vescovo, che lo fa traslare nella nostra città, e qui il 2 marzo riceve solenni onoranze funebri, andando a riposare nella cripta sottostante la nostra cattedrale. Qui resta indisturbato per un secolo e mezzo, cioè fino al 2000, quando per iniziativa di monsignor Mondino i suoi resti vengono "elevati" per trovare definitiva collocazione sempre in cattedrale, nel locale attiguo alla cappella del SS. Sacramento, dove di tanto in tanto possiamo andarlo a trovare facendo di sicuro cosa per noi utile e buona.
(5 – fine)