“Come un gatto in tangenziale-Ritorno a Coccia di Morto” – “Volami via”

Come un gatto in tangenziale-Ritorno a Coccio di Morto

COME UN GATTO IN TANGENZIALE - RITORNO A COCCIA DI MORTO
di Riccardo Milani; con Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola, Luca Argentero, Sarah Felberbaum.
Tre anni dopo uno dei successi più clamorosi del cinema italiano (oltre dieci milioni di spettatori al botteghino e Biglietto d’oro 2018), torna attesissimo sugli schermi (da parte del pubblico e, soprattutto, dagli esercenti) il secondo capitolo di quella che potrebbe tranquillamente diventare una saga. “Come un gatto in tangenziale-Ritorno a Coccio di Morto” però non è (soltanto) un’azzeccata operazione commerciale, ma una graffiante commedia sociale che conferma la grande intesa della coppia (sullo schermo) Cortellesi/ Albanese, e più in generale il buon affiatamento tra i due e Riccardo Milani (tra l’altro compagno, nella vita, della Cortellesi), regista in grado di dare il massimo risalto ai suoi interpreti cucendo loro addosso una storia di sicuro effetto. Manager progressista lui, Giovanni (Antonio Albanese), con importanti incarichi per la Presidenza del Consiglio dei ministri e tra le mani un progetto per portare arte e cultura nelle periferie; cassiera in un supermercato lei, Monika (Paola Cortellesi), donna di borgata con una vita a dir poco precaria perennemente in bilico tra il trucido e il cinico, i due si erano conosciuti e frequentati in maniera rocambolesca tre anni prima, intessendo una breve relazione durata l’arco di un mattino (o, appunto, come recita il titolo, quanto un gatto in tangenziale). Lei coatta di periferia, lui intellettuale progressista, due mondi che potrebbero, dovrebbero dialogare (soprattutto nelle intenzioni di Giovanni), ma che invece sono più lontani che mai, specchio di un’Italia, di un’Europa, dove il proletariato (parola ormai sconosciuta ai più) è sempre più sotto-proletariato, privo di una propria coscienza e individualità di classe e sempre più attratto dalle roboanti promesse identitarie e razziste dei fascio-leghismi, mentre il ceto intellettuale progressista si rivela spesso dialogante e inclusivo a parole, assai meno nei fatti. Al netto di qualche stereotipo di troppo, il film ruota intorno a questa contrapposizione di caratteri e ruoli con Monika che finisce in galera per colpa delle due sorelle gemelle Pamela e Sue Ellen (che si chiamano così in onore della soap opera “Dallas”…) e che ricorre all’amicizia e alle conoscenze di Giovanni per tentare di sfuggire al carcere. Il ritmo è più che discreto, buone le battute e grande l’affiatamento tra i due protagonisti che hanno tempi comici perfetti, così come è riuscita l’ introduzione di nuovi personaggi - tra tutti Luca Argentero/ Don Davide - che fanno di “Come un gatto in tangenziale- Ritorno a Coccio di Morto” una simpatica commedia in grado di regalarci parecchie risate e qualche riflessione. Non sarà un capolavoro, ma di questi tempi può bastare.

Volami via

VOLAMI VIA
di Christophe Barratier; con Victor Belmondo, Gérard Lanvin, Yoann Eloundou, Ornella Fleury, Andranic Manet.
Nel 2004 con “Les choristes - I ragazzi del coro” Christophe Barratier aveva riscosso uno dei più clamorosi successi del cinema transalpino, con grande apprezzamento della critica, nomination come Miglior film straniero agli Oscar e un incasso che si rivelerà uno dei maggiori degli ultimi vent’anni. Diciassette anni dopo il regista parigino ritenta il colpo con un film che, pur attraverso una storia e un contesto completamente diversi, cerca tuttavia in qualche modo di ripercorrere quelle strade a metà tra il dramma e la commedia, anche se il risultato è piuttosto lontano dal riuscitissimo “Les choristes”.
Remake del film tedesco del 2017 “Conta su di me” di Marc Rothemund, “Volami via” è un dramedy che cerca, non sempre riuscendovi, un registro narrativo in grado di compiere una fusione tra leggerezza e profondità, tra drammaticità della vicenda e leggerezza del racconto. Tutto si svolge attorno ai due protagonisti principali, Thomas (Victor Belmondo, nipote del grande Jean Paul) un quasi trentenne che vivacchia alle spalle del padre sprecando le nottate in discoteca a fare il playboy e le giornate a letto per recuperare energie dopo i bagordi, e l’adolescente Marcus (l’esordiente Yoann Eloundou) affetto dalla nascita da una gravissima malformazione cardiaca che potrebbe causarne la morte da un momento all’altro. Un giorno, Henri (Gérard Lanvin), medico e padre di Thomas, stanco dell’adolescenziale comportamento del figlio che sembra non voler crescere mai, pone il ragazzo di fronte ad una scelta: dovrà fare qualcosa di concreto e prendersi cura di un suo paziente e se fallirà anche questa volta dovrà andarsene di casa e cavarsela da solo. Posto di fronte a quest’ultima possibilità Thomas accetta di prendersi cura di Marcus, il paziente tredicenne che il padre decide di affidargli. Dopo una prevedibile serie di partenze a vuoto durante le quali Thomas rivela tutta la propria inconsistenza di individuo e Marcus al contrario, a dispetto della propria condizione, un’irrefrenabile voglia di vivere, tra i due si instaurerà uno stupendo e profondo rapporto di amicizia. Un po’ “Quasi amici”, un po’ “Colpa delle stelle” il film è “feel good movie” delicato e discretamente divertente che si fa apprezzare per il tono con cui affronta il tema della malattia e per il tentativo di miscelare dramma e commedia, anche se lo svolgimento della vicenda è sin troppo prevedibile e le situazioni a tratti eccessivamente stereotipate, e nonostante le buone prove degli interpreti il film sconta un’eccessiva fragilità della sceneggiatura che dà la sensazione di assistere a qualcosa di già visto.