Riuscì a permeare di Vangelo il suo presente (2ª parte)

Natalino Bergese Monviso

Per tre decenni l'Azione Cattolica è al centro dei pensieri e dell’attività di Natalino Bergese: «Tutta una schiera di dirigenti e di giovani di Azione Cattolica», ricorda ancora don Lenta, «l'ha incontrato nella sede di via Dante o presso le varie parrocchie della diocesi», perché dal 1954 al 1963 è presidente della Giac e dal 1970 al 1976 è presidente a Fossano della prima Ac unitaria: nessuno come lui è capace di fare sintesi, tirare le fila, tessere rapporti in un momento di transizione certamente non facile per un'organizzazione laicale, che, da unica interlocutrice della Gerarchia cattolica, attraversa un periodo di grandi cambiamenti e di profondo rinnovamento interno e si deve confrontare con altre realtà ecclesiali che la spinta postconciliare ha fatto germogliare. «Da presidente di Ac», ricorda Silvio Crudo, «non conosceva solo ogni singolo aderente (ed erano più di un migliaio) per nome e cognome, ma anche per storia e situazione. E sapeva rendersi presente quando avvertiva qualche necessità». Nel 1964 c’è il passaggio di consegne nella Giac: la presidenza passa a Marsiliano Sanmory e l’assistente ecclesiastico don Carlo Lenta cede il passo a don Antonio Grasso jr, ma l’associazionismo cattolico delle Acli, della Cisl e del Csi continua a vedere l’attivismo di Natalino Bergese e l’Azione Cattolica continua ad essere l’habitat naturale per la sua vita spirituale e il suo impegno nel mondo.

Neppure il sodalizio che si è stabilito con don Lenta durante gli anni della Giac sembra destinato a sciogliersi, perché i due si ritrovano nell’ambito dell’ospedale fossanese, di cui Natalino è diventato presidente nel 1963, mentre don Lenta ne è cappellano. Le sorti del “SS. Trinità” sono nelle sue mani per 13 anni filati, cioè fino al 1976: «quando lo prese in mano questo era poco più di un’infermeria, ben diversa la situazione oggi, con la raggiunta disponibilità di 250 posti letto nei reparti di medicina, chirurgia, ostetricia e ginecologia, pediatria, ortopedia e traumatologia affiancati dai servizi di radiologia, terapia fisica, anestesia, rianimazione, laboratorio analisi, pronto soccorso», scrive il nostro giornale nel momento in cui Bergese lascia la presidenza. Don Lenta sottolinea che «solo con un'oculata amministrazione e con risparmi che fanno sorridere l'attuale generazione, potè realizzare tante cose», mentre attesta che, in ospedale, Natalino «era presente mattino, pomeriggio e sera» e proprio per questa sua continua dedizione, insieme a scelte intelligenti e lungimiranti, «riuscì a  realizzare un rinnovamento di strutture e metodi in anni nei quali sugli ospedali non piovevano certo finanziamenti statali ». Più che alla sua aneddotica, sembra appartenere alla serie dei suoi "Fioretti" la sua volontà di scegliere l'alloggio come casa coniugale in prossimità dell'ospedale, per poter sollecitamente intervenire in caso di bisogno. Sono in pochi a sapere, inoltre, che in tutti gli anni di presidenza non intasca il rimborso che gli spetterebbe per la carica, perché lo converte interamente nell'acquisto di attrezzature e materiali per l'ospedale. «Un solo esempio», aggiunge ancora don Lenta: «chi entra oggi nella cappella dell'ospedale e ne ammira l'arredo, non sa che è frutto della sua rinuncia al gettone di presenza».

Arriva poi un momento particolare della storia fossanese in cui a Natalino viene chiesto di scendere più direttamente in politica, anche se già nel 1948 lo si è visto impegnato nei Comitati Civici e nella campagna elettorale per le prime consultazioni del dopoguerra. Nel 1975 viene candidato alle amministrative, spuntandola sia come consigliere comunale di Fossano (sarà capogruppo consiliare) e sia come consigliere provinciale, con l'incarico di assessore all'Igiene e ai Servizi socio-assistenziali. Nel Consiglio Provinciale verrà rieletto nel 1980 e ancora nel 1985, lavorando per il territorio fino alla fine, cioè fino a quando la salute glielo consente. «In Consiglio Provinciale ha ricoperto l'incarico fino a maggio '90», testimonia Giovanni Quaglia, «partecipando attivamente ai lavori di Consiglio, della 5ª Commissione e facendosi portavoce delle esigenze del collegio di Fossano-S.Albano, pur con la salute già minata dal male».

(2 - continua)