“Tre piani” – “Il silenzio grande”

Tre piani

TRE PIANI
di Nanni Moretti; con Margherita Buy, Nanni Moretti, Alessandro Sperduti, Riccardo Scamarcio, Elena Lietti, Alba Rohrwacher, Adriano Giannini, Denise Tantucci, Anna Bonaiuto, Paolo Graziosi, Stefano Dionisi, Tommaso Ragno.
Girato prima dello scoppio della pandemia e lasciato “sospeso” per oltre 18 mesi per essere poi presentato a Cannes 2021, “Tre piani” è il nuovo, attesissimo film di Moretti. Per la prima volta in quarant’anni di carriera il regista romano mette in scena un soggetto non suo (il film infatti è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Eshkol Nevo, edito in Italia da Neri Pozza) e la cosa si avverte, là dove Moretti ha consapevolmente rinunciato a quel lieve tratto di ironia - e autoironia - che da sempre attraversa le sue pellicole e che invece in “Tre piani” è decisamente assente.
Trasportata l’ambientazione da Tel Aviv a Roma, il film racconta le storie di tre famiglie che vivono in un condominio signorile del quartiere Prati e l’intrecciarsi di vicende e accadimenti che segneranno in profondità le loro esistenze.
Al primo piano vivono Lucio, Sara e la loro bambina di sette anni, Francesca. Nell’appartamento accanto abitano Giovanna e Renato, che hanno un bel rapporto con la bambina e spesso badano a lei. Una sera Renato scompare insieme a Francesca e quando finalmente i due vengono ritrovati il padre comincia a pensare che a sua figlia sia accaduto qualcosa di brutto. Al secondo piano vive Monica, diventata da poco madre ma con un marito, Giorgio, che per il suo lavoro di ingegnere trascorre lunghi mesi all’estero. La solitudine comincia a scavare pericolosamente nell’animo di Monica, minando le sue (poche) certezze e incrinando il suo rapporto con Giorgio, il quale capisce, con colpevole ritardo, che non potrà più allontanarsi da moglie e figlia. Al terzo piano vivono Dora e Vittorio, entrambi magistrati. Una notte il figlio Andrea, ubriaco, ha un grave incidente in auto e, sconvolto, chiede ai genitori di aiutarlo e di non farlo andare in carcere. Vittorio ritiene che ciò non sia giusto e la tensione esplode tra padre e figlio.
Avvincente nella sua drammaticità e potente per la profondità delle riflessioni che suscita, il film conquista proprio per la disarmante “malinconia esistenziale” che sembra attraversarlo. Un condominio che pare lo spaccato del mondo intero, dove egoismo, sfiducia, intolleranza sembrano farla da padrone, con gli inquilini/abitanti affannati ad inseguire come direbbe Guicciardini “Il proprio particulare” ignari che se salvezza può esserci in questa vita essa può giungere soltanto dalla relazione, dalla condivisione e dal perdono. Ed è (forse) la luce del perdono e della condivisione a rischiarare un poco quel condominio del quartiere Prati.

il silenzio grande
IL SILENZIO GRANDE
di Alessandro Gassmann; con Massimiliano Gallo, Margherita Buy, Marina Confalone, Antonia Fotaras, Emanuele Linfatti.
Una casa, un tempo, stupenda. Uno scrittore, un tempo, grandioso. Il tempo, impietoso, che segna entrambi. Intorno allo scrittore e alla casa ruotano conflitti, equivoci, desideri, bramosie, avidità… e silenzi.
Scritto da Maurizio De Giovanni e portato sui palcoscenici d’Italia da Alessandro Gassmann per tre stagioni, ora lo spettacolo teatrale diventa un film con la regia dello stesso Gassmann e con Massimiliano Gallo già protagonista delle pièce teatrale.
Siamo nella prima metà degli Anni ’60, villa Primic è (stata) una magnifica dimora, ampia, confortevole e con vista su Capri. Ora sta per essere messa in vendita e a deciderlo è stata Rose (Margherita Buy), moglie di Valerio, un tempo grande scrittore che però da oltre dieci anni non riesce più a scrivere nulla. Un silenzio produttivo che è anche un silenzio esistenziale, Valerio (Massimiliano Gallo) da troppo tempo ormai si è autorecluso nella sua biblioteca divenuta al contempo per lui rifugio e cella. Quella casa, “usbergo contro il mondo” che Valerio non vuole abbandonare e che tutti, moglie e figli, vogliono invece vendere per poter continuare a mantenere il loro tenore di vita. Solo Bettina, la cameriera (una strepitosa Marina Confalone) sostiene le ragioni del padrone di casa, poiché anche per Bettina quella casa è molto più di una casa.
In bilico tra Cechov e De Filippo, il film conserva appieno il suo impianto teatrale senza che ciò ne riduca minimamente la forza e l’impatto, Gassman traspone con grande acutezza visiva e registica il racconto e la villa e suoi spazi, cosa che a teatro non era possibile, diventano parte integrante e vitale della vicenda. In quelle stanze si consumano i rapporti, le incomprensioni - tra moglie e marito, tra padre e figli, tra madre e figli - dei diversi protagonisti, un film intessuto di dialoghi “a due” che si moltiplicano all’infinito fino a trasformare il film in un racconto corale a più voci. Da non perdere.