Don Nota (dalla Patagonia): “La sfida della pandemia ci ha costretto a ripensare con creatività le attività pastorali”

All'inizio del 2022 don Nota lascerà Rawson e ritornerà a Comodoro Rivadavia, nella parrocchia di Maria Auxiliadora, dove ha lavorato dal 1967 al 2004

Nota Don Giovanni Messa 50 Anni - 2017
Don Giovanni Nota a Fossano, nell'ottobre 2017, in occasione dei 50 anni di sacerdozio

Sollecitati a intervenire su La Fedeltà in occasione della Giornata mondiale di preghiera per le missioni e del mese missionario, alcuni sacerdoti fossanesi “fidei donum” hanno inviato le loro riflessioni. Di seguito il contributo di padre Giovanni Nota, che svolge il suo servizio a Rawson, (diocesi di Comodoro Rivadavia), nella Patagonia argentina.

Ringrazio La Fedeltà per l’invito a condividere qualche idea dalla “missione”. Ho cercato di ordinare le richieste suddividendole in diversi punti. Parto dalla novità che mi riguarda.

Dopo 17 anni a Rawson, il ritorno a Comodoro
Il vescovo della diocesi mi ha chiesto di ritornare a Comodoro Rivadavia nella parrocchia di Maria Auxiliadora dove ho lavorato molti anni, prima con don Giovanni Maria Canale (fin dal 1967) e poi, dal 1981 al 2004, da solo come parroco. Adesso non c’è nessun prete fisso. Il trasferimento avverrà dopo Natale. E poi vedremo. Intanto, il 14 ottobre ho celebrato i miei 54 anni di sacerdozio (don Giovanni ha 79 anni, ndr).
Nel frattempo, non mi manca il lavoro anche “extraparrocchiale” a livello diocesano e nazionale come direttore diocesano di catechesi, direttore diocesano della pastorale delle piccole comunità, direttore diocesano di pastorale carceraria; con Cum e Missio animerò la partecipazione via Zoom dell’incontro del “cono sud” dell’America Latina in programma il 25 ottobre.
La grande sfida della pandemia in questi due anni ha provocato la nostra capacità creativa per adattarci alle nuove esigenze, per ripensare le attività pastorali.

Ottobre, missione nelle comunità
Non è sentita la missione ad extra verso i pagani, anche se evidentemente in ottobre è un tema importante. In questa tappa di lavoro pastorale mettiamo a fuoco la missione in un “extra forte” verso “dentro”, cioè fuori dal tempio, nei quartieri. È soprattutto il livello di pastorale comunitario che ci porta verso tutta la geografia parrocchiale, la “moltitudine” (il lavoro in “rete”, le strutture partecipative e decentralizzate...). Soggetto e destinatario della attività pastorale sono sempre tutti i battezzati e le persone di buona volontà... Ma sarebbe lungo da spiegare.

Liturgia e celebrazioni
Grazie a Dio non abbiamo mai interrotto le attività e le celebrazioni. La parrocchia centrale di Maria Ausiliatrice e le cappelle nelle sei comunità parrocchiali non sono mai state chiuse e inoperanti. Dall’inizio della pandemia in seguito alle restrizioni e ai divieti di assembramento, abbiamo trasmesso tutti i giorni la messa via facebook concelebrata da me e da padre Marcello. Poi abbiamo cercato di avere la presenza di fedeli, anche se ridotta. Per poter fare questo abbiamo presentato al ministro della sanità della provincia l’informazione dettagliata di ogni cappella, con foto dell’interno e la superficie disponibile mantenendo le distanze opportune. Così, per fare un esempio, il sabato e la domenica trasmettiamo otto messe via facebook, cui partecipa un gruppo di fedeli che poco per volta cresce.
Non abbiamo neppure interrotto le celebrazioni con processioni e partecipazione della gente. Per esempio, abbiamo continuato con le processioni nelle feste patronali, ma invece di andare a piedi le abbiamo fatte in automobile. Grazie a una piccola trasmittente radio FM la gente ha seguito in auto preghiere e canti della processione, nelle tappe di benedizione con il Santissimo e la celebrazione in massa della messa finale. Tutti restano all’interno dell’automobile, seguono la preghiera via radio e al momento della comunione chi la vuole, fa segno con le luci e noi la portiamo. Come c’è “l’auto cine”, noi abbiamo fatto la “auto processione” e la “auto messa”!

Catechesi
La catechesi è organizzata a livello familiare. Cioè sono i genitori che fanno la catechesi ai propri figli. Come direttore diocesano di catechesi e con la commissione diocesana abbiamo adattato le proposte catechistiche in casa tanto a livello diocesano come locale. Inoltre, non abbiamo interrotto la catechesi familiare offrendo, via WhatsApp e Zoom, materiale adattato perché i genitori potessero continuare la catechesi in casa. Da quest’anno, la catechesi è tornata in presenza.
Lo scorso anno, per le confessioni dei bambini di prima comunione e cresima ho inventato un metodo particolare, pensando come farei a confessare un muto... Siccome si doveva usar la “mascherina” ho proposto ai ragazzi di scrivere i peccati; durante la confessione leggevo il biglietto, davo qualche consiglio, li assolvevo e poi abbiamo bruciato tutti i biglietti.

Carità
Dal punto di vista della carità, fin dall’inizio della pandemia un gruppo di persone preparava il cibo in due centri comunitari della parrocchia e poi la gente veniva a ritirare la propria parte. Dopo qualche mese, abbiamo iniziato a preparare pacchi di viveri che la gente veniva a ritirare in parrocchia o, con un gruppo di collaboratori, si portavano i pacchi di viveri nei quartieri più bisognosi della città. Con questo metodo siamo venuti in aiuto a centinaia di famiglie.
In conclusione, grazie ai criteri pastorali di decentralizzazione, partecipazione diversificata e pianificazione, il lavoro pastorale è proseguito praticamente a tutti i livelli.

A proposito del Sinodo
La nostra diocesi ha già vissuto l’esperienza del Sinodo dal 2017 al 2019 (che è stata presentata su questo giornale nel 2019 da don Elio Ricca, missionario nella medesima diocesi, ndr). Faccio una sottolineatura generale, un po’ provocatoria.
Oggi va di moda usare parole forti, parole belle per una “conversione pastorale”, ma poi venendo al “dunque” non si sa bene che fare. Eccone alcune: sinodo (camminare insieme); chiesa “in uscita”; chiesa “ospedale da campo”; discepoli missionari; chiesa verso la “periferia”, ecc. Normalmente queste parole si presentano a livello teorico come belle riflessioni ma senza la minima preoccupazione “operativa” di pastorale “organica”. Perché siamo abituati a teorizzare. Mi viene alla mente un documento del cardinale Michele Pellegrino, la “Camminare insieme” dell’8 dicembre 1971: come per lo sviluppo delle riflessioni teologiche e spirituali si sono utilizzati i criteri della logica che ci venivano dai pagani prima di Cristo, così per la pastorale dobbiamo utilizzare i “criteri dell’azione” che ci vengono da progetti “civili”.

Che cosa chiedere alla diocesi di Fossano?
Più che chiedere credo di dover ringraziare per la formazione ricevuta in seminario e nelle esperienze, anche se passeggere, con la mia Chiesa di Fossano. Amo molto la Chiesa delle mie radici e l’ho sempre presente nella preghiera e come punto di riferimento per le mie decisioni. Sembra impossibile dopo tanti anni di assenza, ormai manco dal dicembre del 1965, ma è così. Davvero è così con la mia Chiesa madre. Nel frattempo, vi invito a pregare per me e per noi fossanesi che siamo qui cercando di fare un po’ di bene in nome del Signore.

don Giovanni Nota