Il futuro (incerto) delle Case di riposo

Convegno a Bene Vagienna sulla crisi delle strutture per anziani: i bilanci sono in rosso e manca il personale

Convegno sulle Case di riposo a Bene Vagienna

Un terzo dei posti-letto oggi disponibili nelle Case di riposo rischia di scomparire. Ad essere minacciati sono soprattutto quelli “non convenzionati”, la cui retta è interamente a carico dell’ospite. E si creerebbero un “effetto a catena” che danneggerebbe le famiglie con un anziano bisognoso di assistenza e causerebbe la perdita di posti di lavoro.
È uno dei dati emersi durante il convegno che i Pensionati della Cisl fossanese hanno organizzato lo scorso 5 novembre, a Bene Vagienna. Il futuro delle Case di riposo - la loro sostenibilità, la possibile trasformazione che le attende - è il tema su cui sono stati invitati a discutere Angelo Vero (segretario provinciale dei Pensionati della Cisl cuneese), Silvio Invernelli (presidente dell’associazione Case di riposo) e Paolo Tallone (di Confcooperative Cuneo). Sono inoltre state proiettate video-interviste a Monica Canalis, consigliera regionale di minoranza, e Giampiero Piola, presidente del Consorzio Monviso solidale, all’intervento dei quali si sarebbe dovuto aggiungere quello dell’assessore regionale Chiara Caucino, che ha riferito agli organizzatori di non aver avuto tempo per essere a sua volta intervistata a causa degli impegni istituzionali.

Bilancio e personale nelle piccole strutture
Bilanci in rosso e una grave mancanza di personale infermieristico sono stati indicati come i fattori che hanno determinato la situazione di grave difficoltà in cui si trovano oggi numerose Case di riposo. Ovviamente, parte della responsabilità è da attribuirsi alla pandemia di Coronavirus, colpevole sia di aver provocato numerosi lutti fra gli ospiti, sia di aver indotto molte famiglie a non affidare i loro cari alle Case di riposo per le note difficoltà che avrebbero avuto in seguito nel far loro visita; al tempo stesso sembra che il meccanismo domanda-offerta non funzioni come dovrebbe, dal momento che, secondo i dati disponibili, a fronte dei posti vuoti c’è un buon numero di anziani che sono già stati sottoposti a valutazione geriatrica e sarebbero quindi pronti ad entrare in struttura.
Le difficoltà sul piano economico emergono soprattutto nelle piccole Case di riposo: è, questo, un aspetto molto importante per la provincia di Cuneo, che annovera soprattutto strutture di dimensioni modeste, gestite - fino a non molto tempo fa o tuttora - da realtà locali come Comuni o Parrocchie.
A fronte dei guai economici, secondo i relatori del convegno a Bene Vagienna queste piccole Case di riposo sembrano offrire un modello preferibile a quello delle grandi strutture che fanno capo a “multinazionali della cura”, diffuse soprattutto in Lombardia: c’è, in sintesi, un “modello piemontese” che appare migliore di quello lombardo non tanto per la qualità dell’assistenza offerta (buona in entrambi i casi), quanto per il legame con la comunità che riesce a garantire, a vantaggio dell’ospite stesso che vive in misura minore il senso di straniamento dovuto al passaggio dalla propria abitazione alla Casa di riposo.

Il “ruolo” della Casa di riposo nei paesi
Il legame con la comunità d’appartenenza è un elemento-chiave anche per altri aspetti. Le piccole Case di riposo della provincia di Cuneo sono talvolta collocate in territori marginali, ad esempio di montagna, dove potenzialmente forniscono dei servizi a tutta la popolazione anziana del luogo, e non solo ai propri ospiti, al punto da costituire uno dei pilastri su cui si regge la comunità stessa.
Da tempo si pensa ad un’evoluzione in questo senso delle Case di riposo in generale, chiamate a diventare Centri di servizi alla persona. A questa metamorfosi, in particolare delle Residenze sanitarie assistenziali, guarda la Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo tramite l’iniziativa “Residenze di comunità”, in cui sono coinvolti Confcooperative Cuneo, Associazione provinciale cuneese Case di riposo, associazione “La bottega del possibile” e il dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. Attraverso questa trasformazione, le “nuove” Case di riposo potrebbero infine organizzarsi in reti secondo la loro collocazione territoriale: così ad esempio una struttura di montagna potrebbe accogliere ospiti in condizioni non gravi, mentre gli anziani la cui situazione è particolarmente complessa potrebbero essere destinati a una struttura più grande di valle, che risponderebbe meglio alle loro esigenze.
Per contro, sembra essere sempre meno rappresentata la Casa di riposo intesa come Residenza alberghiera assistenziale, che offre appunto soluzioni di tipo alberghiero e residenziale per anziani in buona salute. Questi ultimi, se avvertono il bisogno di un aiuto, possono peraltro usufruire di servizi a domicilio erogati dai consorzi socio-assistenziali, mentre per quanto riguarda la Casa di riposo si rafforza il suo ruolo nel fornire un’assistenza sanitaria costante.

Il nodo degli “auto” divenuti “non auto”
Qualunque riflessione sul futuro delle Case di riposo presuppone un’adeguata conoscenza sia dei loro bilanci, sia degli aiuti che ad esse possono essere forniti dalle Istituzioni. E qui sono numerosi i “nodi”, dal punto di vista dei gestori, del personale che vi lavora e degli ospiti che vi sono accolti.
Secondo quanto è emerso dall’incontro svoltosi a Bene Vagienna, sono sì stati previsti dei “ristori” che aiutassero le strutture a fronteggiare le difficoltà legate alla pandemia di Coronavirus, ma essi sono giunti in ritardo e senza distinzioni fra grandi e piccole Case di riposo, sebbene queste ultime si trovassero in una condizione di maggiore sofferenza. La consigliera Canalis ha auspicato che la Regione “copra” una percentuale maggiore delle rette“convenzionate” versate dagli ospiti; ma l’assenza di Caucino, che siede nei banchi della maggioranza, non ha permesso di capire se una proposta di questo tipo sia compatibile con il bilancio della Regione.
L’importo delle rette, peraltro, è un guaio per molti ospiti e le loro famiglie: c’è il rischio che in futuro l’accesso alla Casa di riposo diventi, di fatto, un privilegio di cui godrebbero le persone abbienti. I gestori delle strutture, a loro volta, devono misurarsi con una tendenza ben nota: ospiti accolti come autosufficienti continuano per alcuni mesi a pagare la relativa retta anche quando, divenuti parzialmente autosufficienti o non autosufficienti, hanno bisogno di un’assistenza maggiore, che comporta per la Casa di riposo costi più elevati. Quanto al personale, infine, oltre alla grave mancanza di infermieri è stato ribadito come il lavoro delle operatrici socio-sanitarie sia sottostimato, anche dal punto di vista salariale, a fronte dell’impegno umano e professionale richiesto.