La guerra ha restituito a mamma Emma tutti i figli vivi, ma non ha certo modificato in meglio le condizioni economiche della famiglia, che «si trovava in una situazione di estrema miseria», confessa Pino Longo. «La mia povera mamma faceva i salti mortali per dare da mangiare a tutti noi: metteva la farina di granturco nel minestrone al posto della pasta... Non c’era niente. Eravamo in tanti a mangiare e nessuno aveva un lavoro». La santa donna, sfiancata dal lavoro e dalle privazioni, dopo il ritorno di Pino comincia a declinare. indebolendosi sempre più e, commenta il figlio, «noi non avevamo i soldi per curarla». «Il 6 settembre ‘46 mia madre ci lasciò. Se n’è andò recitando il rosario. Prima di morire ci raccolse tutti attorno al suo letto e ci disse: “Mi dispiace andarmene perché siete tutti senza lavoro”. Un mese dopo, il 16 di ottobre, avevamo trovato tutti quanti un lavoro». Pino, che da buon ultimogenito trova sistemazione dopo tutti gli altri, viene assunto dalla locale Cassa di Risparmio, riconoscendo l'evidente "zampino" di mamma dal Cielo per questa collettiva e insperata collocazione lavorativa di tutti i fratelli Longo. A differenza di tanti, che la povertà degli anni giovanili, oltre ad indurire il cuore, trasforma in accumulatori seriali di ricchezze, spasmodicamente attratti da tutto quanto riluce e tintinna, Pino non ha invece difficoltà ad ammettere che si è «occupato dei poveri perché ho sperimentato la povertà. In quegli anni ho conosciuto la miseria vera. Ecco perché quando poi, in parrocchia, ho sentito parlare di San Vincenzo, mi sono detto: "Qui bisogna darsi da fare". E mi sono messo a disposizione».
Sono essenzialmente due le povertà che incontra in quegli anni: quella dei residenti, che la guerra ha impoverito ancor di più («Finita la guerra tanta gente faceva la fame ma non chiedeva. Non si era abituati a chiedere...girando nelle case ho incontrato delle situazioni di miseria anche più dure di quella che avevo vissuto io»), e quella degli immigrati dal sud che «arrivavano dalla stazione con le loro valigie di legno, salivano in Municipio e lì gli assegnavano un posto nella caserma di San Filippo». La Cassa di Risparmio ha destinato Pino all'Esattoria e tra le sue mansioni rientra la consegna a domicilio delle bollette delle tasse comunali e in particolare la "tassa di famiglia": «mi trovavo a chiedere i soldi a persone accampate su un pagliericcio, senza lavoro e che mangiavano grazie all'Eca». In alcuni casi mette direttamente mano al proprio portafoglio, poi comincia ad insegnare a quella povera gente a fare ricorso per ottenere l'esenzione, infine impara ad indirizzarli ai servizi sociali del Comune, cioè mette in moto la complessa macchina dell'assistenza, scoprendo "sul campo" l'importanza della visita domiciliare, che la San Vincenzo da sempre raccomanda come momento di "ascolto" delle povertà, non solo materiali. Si comincia, anche grazie al semplice passaparola, a cercare i poveri di casa in casa, soprattutto quelli che "non chiedono" e la carità si evolve secondo le esigenze del tempo, dalla semplice carrettata di legna per la stufa, ai "buoni" per acquistare il cherosene, fino al più recente contributo per pagare il riscaldamento. Per oltre cinquant'anni la San Vincenzo a Fossano viene identificata in Pino Longo e nei suoi "confratelli", che si sono specializzati nell'ascolto e nel pronto intervento, anche se spesso quest'ultimo non è che una goccia nel mare sterminato dei bisogni.
A partire dal 1975 la sua attenzione è attirata anche dai detenuti, perché il luogo di pena sia davvero occasione di riscatto e riabilitazione. Evidentemente, per far ciò, non è sufficiente la visita al di là delle sbarre, ma occorre mantenere o creare relazioni "nell'al di qua", con i familiari, al momento del fine-pena, al rientro in società dei detenuti. Pino tesse rapporti, contatta i familiari, scrive lettere, sbriga pratiche burocratiche, si assume l'onere della tutela legale dei figli, cerca occasioni di lavoro o sistemazioni abitative, arriva addirittura a prendersi cura della tomba di chi al momento della morte sceglie di esere sepolto nel cimitero fossanese. Dal 1977 e per i circa 20 anni successivi si prende anche cura della gestione della Piccola Casa del Sacro Cuore per anziane sole, ma l'impegno caritativo non è che uno degli aspetti della sua multiforme attività. L'Azione Cattolica, cui appartiene fin dagli anni giovanili, è il campo specifico in cui si forma come laico impegnato nel sociale, permeando di spirito cristiano la politica cittadina, la parrocchia del Salice in cui vive e opera, gli isituti caritativi di Fossano. Lo scorrere degli anni, pur facendone declinare le forze, non scalfisce il suo impegno e la sua disponibilità. Si spegne a 93 anni, dopo una vecchiaia serena e operosa, all'alba del 15 settembre 2016. Arriva in paradiso giusto in tempo per festeggiare il giorno successivo, con la moglie Mariuccia Ferrua deceduta dieci mesi prima, i 65 anni di matrimonio, allietati da cinque figli, sette nipoti e otto pronipoti.
(2 - fine)