“È andato tutto bene” – “West Side Story”

E' andato tutto bene

È ANDATO TUTTO BENE
di François Ozon; con Sophie Marceau, André Dussollier, Géraldine Pailhas, Charlotte Rampling, Éric Caravaca, Hanna Schygulla. 
Autore tra i più prolifici del cinema francese (dieci film negli ultimi dodici anni, da “Potiche” del 2010 a “Peter Von Kant” del 2022) ma al contempo regista in grado di coniugare a tanta fertilità produttiva una rara capacità di percorrere e sperimentare percorsi narrativi sempre diversi, con “È andato tutto bene” Ozon affronta il tema delicato e importante del fine vita e lo fa  con la raffinatezza e il tatto di un restauratore di ceramiche alle prese con un prezioso reperto antico. 
Padre a dir poco disattento e marito infedele, André Bernheim è un anziano e facoltoso borghese che a dispetto degli anni conduce ancora una vita piuttosto intensa e movimenta, ma che di colpo a causa di un ictus si trova costretto in un letto d’ospedale, semiparalizzato. Al suo risveglio, il dinamico, curioso e cinico André non si riconosce più e chiede alla figlia Emmanuèle di aiutarlo a morire. 
Liberamente tratto dal romanzo autobiografico della scrittrice e sceneggiatrice Emmanuèle Bernheim (Einaudi editore) e in concorso al Festival di Cannes 2021, “È andato tutto bene” è una toccante e bellissima riflessione per immagini sul senso della vita e della morte, sul dramma di una figlia a cui il padre chiede aiuto per prendere congedo da questo mondo e il dramma di un uomo che dopo averlo sempre evitato è spinto a tracciare un bilancio della propria esistenza. Semplicemente magnifici i due protagonisti Sophie Marceau/ Emmanuèle Bernheim  e André Dussollier/ André Bernheim, una conferma la regia di Ozon che affronta senza retorica e  falsi pietismi (e falsi ideologismi) e con una buona dose di ironia il tema del fine vita. Da non perdere.

West side story
WEST SIDE STORY
di Steven Spielberg; con Ansel Elgort, Rachel Zegler, Ariana DeBose, David Alvarez, Rita Moreno. 
Siamo a New York, primi Anni ’60. Tony e Maria si amano di un amore profondo e sincero, ma la loro è una missione impossibile. Tony è il vecchio capo dei Jets che dopo la galera ha però deciso di lasciare. Maria è la sorella di Bernardo, leader indiscusso degli Sharks. I Jets sono figli di immigrati italiani e polacchi, gli Sharks sono portoricani, e sono gli ultimi arrivati. La posta in gioco tra le due bande rivali è il controllo del West Side, e in guerre come queste non c’è spazio per l’amore.
Prima spettacolo teatrale a Broadway (1957, con libretto di Arthur Laurents e musiche di Leonard Bernstein), poi capolavoro senza tempo di Robert Wise (1961) che vinse ben dieci Oscar (tra cui Miglior Film) e infine sessant’anni dopo nuovamente sul grande schermo con Steven Spielberg. Ora, va detto che probabilmente soltanto un autore come Spielberg poteva avere il coraggio e la forza di tentare questa sfida che avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque  e che il regista di Cincinnati affronta da par suo, perché  se da un lato il film è filologicamente fedele ai modelli teatrale e cinematografico (non ci sono particolari effetti speciali se non quelli necessari a cancellare i segni del XXI secolo dalle strade e dai tetti di New York), dall’altro lato Spielberg dona alla “sua” Storia del West Side un’attualità e un’intensità inattese.  Spettacolare e bellissimo nelle coreografie e nei movimenti musicali (né poteva essere diversamente), il film conquista e convince per la potenza della messa in scena, lo scontro tra bande, la durezza della polizia, le disuguaglianze sociali, il razzismo della società americana sono presenti in modo molto più netto e marcato rispetto al film di Wise, e se la vicenda resta ambientata negli Anni ’50, acutamente i dialoghi e la drammaturgia portano lo spettatore nell’attualità. Semplicemente imperdibile.