Sicuramente il più amato, magari anche il più santo tra i vescovi che Fossano abbia avuto in oltre quattro secoli di storia: questo il giudizio, com’è ovvio meramente umano, su monsignor Angelo Soracco, il ventesimo di una cronotassi che pure annovera personalità anche di un certo spessore, sia culturale che spirituale. Un quarto d'ora ininterrotto di campane a festa in tutte le parrocchie il 16 dicembre (immaginiamocelo oggi!!), oltre un solenne Te Deum con tre giorni di speciali preghiere di ringraziamento: sono le disposizioni impartite da don Michele Pellegrino (il futuro cardinale), vicario capitolare in quei mesi, che son sembrati eterni, di sede vacante a seguito della morte del vescovo Travaini. Sulla prima pagina del nostro giornale di mercoledì 19 dicembre 1934 spicca il suo comunicato gioioso, con cui annuncia la fine della "vedovanza della Diocesi" e l'elezione di un nuovo vescovo per Fossano, ponendo così fine all'esperimento di unione "ad personam" della nostra diocesi con quella di Cuneo che dura dal 1926 e che sembra aver finito per scontentare tutti. Il 15 dicembre la Sacra Congregazione concistoriale comunica ufficialmente l'avvenuta elezione di Soracco e già il giorno successivo Pellegrino si affretta a raggiungere Lavagna (diocesi di Chiavari) per conoscere di persona il nuovo vescovo. L'incontro avviene al Santuario del Carmine, di cui Soracco da 13 anni è rettore, in una cornice di devozione e di profonda commozione per entrambi e Pellegrino ne ricava l'impressione di trovarsi di fronte un prete dalla soda pietà, dalla profonda umiltà congiunta ad una straordinaria semplicità, che sono poi le medesime qualità che i fossanesi potranno poi ammirare negli anni dell'episcopato, il che depone a favore del "fiuto" infallibile di Michele Pellegrino, di cui è risaputa la non indifferente sua dote di "scrutare i cuori".
Nonostante l'attesa si sia già protratta per nove mesi dalla morte del predecessore, don Soracco chiede ancora tempo a Fossano per onorare gli impegni di ministero già fissati in quella diocesi e così l'ordinazione episcopale slitta al successivo 19 marzo nella cattedrale di Chiavari (significativa la presenza tra i consacranti, nel nome di San Giovenale, del vescovo di Narni) e l'ingresso da noi la domenica 31. Sembra tuttavia che Fossano, paga ormai di avere "un vescovo tutto suo" e di aver scongiurato il "rischio", in quei tempi affatto remoto, di vedersi unita alla diocesi di Cuneo, si lasci ancora cogliere impreparata, almeno a giudicare dall'affanno degli ultimi giorni che non le fa trovar tempo sufficiente neppure per spedire i tradizionali inviti personali alle varie autorità, che si devono così accontentare di uno genericamente indirizzato "ad omnes", ospitato sulle colonne del nostro giornale. Si fa precedere in diocesi da una lunga lettera, che il nostro giornale chiama "pastorale", anche se le lettere pastorali propriamente dette saranno le successive sei, uno per ciascuno degli anni in cui regge la diocesi, ad eccezione del 1940 e dell'anno della morte, che da sole sono in grado di delineare un ben definito programma pastorale a lungo termine, che sicuramente abita il cuore del vescovo e ne ispira di anno in anno la sua attività.
In Humili Charitate cioè nel motto che campeggia sul suo stemma episcopale, il vescovo Soracco riesce, più o meno volontariamente, a condensare i suoi 44 anni di vita ed a sintetizzare lo stile per gli anni futuri che il Signore gli chiede di vivere a Fossano. Le testimonianze, che ancora si conservano malgrado i quasi nove decenni trascorsi, lasciano intendere che la sua fu davvero una vita all’insegna di un amore umile, silenzioso, feriale, che finisce col tessere un florilegio che, come spesso accade, si svela nella sua interezza solo con la morte, dando comunque l'idea della "perla di vescovo" che Fossano ha avuto. Tra le tante, ci sembra significativa, perché "laica e affatto sdolcinata, quella di Beppe Manfredi, che nel suo "Il cielo sopra il castello" ha provato a ricordarlo come “l’amico del popolo, che girava per le strade di Fossano, da solo, fermandosi a parlare con tutti, affabile nei modi, generoso nel dare, vivendo per il prossimo, e più semplici e più umili erano i suoi interlocutori, più Soracco si apriva col suo gran cuore. Fu di indole fiera e dignitosa: fortemente in sospetto ai fascisti, specie da quando a Mussolini, in visita in provincia, che lo aveva interpellato con un solenne «Eminenza, come vanno a Fossano i rapporti tra Stato e Chiesa?», aveva risposto col suo sguardo pronto e con il suo accento ligure (che sa a volte essere incomparabilmente ironico): «Non eminenza, eccellenza, solo eccellenza». Ed eluse la domanda".
(1-continua)