UNCHARTED
di Ruben Fleischer; con Tom Holland, Mark Wahlberg, Sophia Ally, Tati Gabrielle, Antonio Banderas.
Com’è noto, attualmente il fatturato mondiale dell’industria videoludica, parte integrante del più ampio settore dell’entertainment, ha ampiamente superato investimenti e guadagni di cinema e serie tv e i due anni di pandemia hanno ulteriormente accentuato il divario. Era quindi prevedibile un travaso tra i due segmenti nel tentativo da parte delle case di produzione di intercettare nuove fasce di pubblico.
Distribuito da Warner Bros e prima produzione targata PlayStation Productions il film di Ruben Fleischer è una sorta di prequel del celebre videogame e racconta la storia dell’incontro e dell’amicizia tra il giovane Nathan Drake e Sully. Pensato e prodotto per un pubblico generalista che non conosce storia e saga di “Uncharted” e non certo per i fan del videogioco che anzi potrebbero essere piuttosto critici nei confronti dell’operazione, il film è un blockbuster roboante e dal cast imponente - Tom Holland, Mark Wahlberg, Antonio Banderas - ma nel complesso piatto e prevedibile più di quanto si potesse pensare.
Orfano sin dalla più tenera età, Nathan Drake ha sempre accarezzato il sogno di una vita avventuro sa e dopo aver tentato di rubare un’antica mappa del 16° secolo insieme al fratello Sam è costretto a mettersi alla sua ricerca poiché il fratello ha fatto perdere le sue tracce ed è da tempo dato per disperso. Durante le sue ricerche, Nathan si imbatte in Victor Sullivan dal quale viene ingaggiato per recuperare il tesoro di Magellano perso cinque secoli fa. Ma il preziosissimo bottino fa gola anche allo spietato Moncada che ritiene di essere il legittimo erede del tesoro del grande esploratore portoghese…
Spettacolare e caleidoscopico quanto legittimamente ci si poteva attendere, il film ha i suoi punti di forza nell’intesa tra Tom Holland e Mark Wahlberg e nel complessivo clima di avventura e ironia che ammanta il film, ciò che manca però è la profondità degli antagonisti, manca il dramma ed una più strutturata complessità della vicenda e ciò rende la narrazione eccessivamente prevedibile.
GIULIA
di Ciro De Caro; con Rosa Palasciano, Valerio Di Benedetto, Fabrizio Ciavoni, Matteo Quinzi.
Presentato in anteprima al Festival di Venezia 2021 nella sezione “Notti Veneziane - Selezione Giornate degli autori” e in sala a Torino ai “Due Giardini” e ai “Fratelli Marx” e in una manciata di cinema nel resto d’Italia (poco più di 40, misteri della distribuzione…), “Giulia” di Ciro De Caro è un singolare e interessante film sulla vita e il mondo dei giovani-adulti oggi. Licenziata dal negozio di abbigliamento intimo presso il quale lavorava, Giulia vaga un po’ persa per le strade di Roma in bilico tra il desiderio di fuggire per un altrove indefinito e il sogno di maternità e di una famiglia. Zaino in spalla Giulia incontra amici e conoscenti, cerca un tetto o meglio un rifugio senza però riuscire a decidere se ciò che più le interessa è sentirsi amata da qualcuno o dare sfogo alla sua voglia di libertà. Capelli ricci, camminata sciolta, domande spesso sbilenche Giulia (una strepitosa Rosa Palasciano anche co-sceneggiatrice insieme a Ciro De Caro) riassume in sé gioie e turbamenti di molti trentenni di oggi, incerti se metter su famiglia o perdersi per il mondo, perplessità, dubbi, domande esistenziali che De Caro racconta con rigore e sincerità, attraverso luci naturali, dialoghi secchi e credibili, inquadrature pulite e nessuna concessione, né visiva né narrativa, al cinema mainstream. Da vedere.