Quando si cerca la risposta negli stupefacenti

L’opinione del dottor Maurizio Coppola

Prosegue il nostro viaggio alla ricerca di un orientamento nell’universo giovanile. Nelle scorse puntate abbiamo analizzato alcune manifestazioni del disagio tra disturbi alimentari, episodi autolesionistici e aumento dell’aggressività toccando solo marginalmente la problematica della dipendenza da sostanze. Abbiamo quindi interpellato il dottor Maurizio Coppola, direttore del dipartimento dipendenze patologiche dell’AslCn1.
“Gli ultimi due anni hanno fatto precipitare una situazione che già destava preoccupazione. Già prima della pandemia i giovani avevano iniziato a palesare una tendenza all’isolamento con un uso spesso non corretto della tecnologia, una iperespressione dietro lo schermo del telefonino che talvolta sfocia in stalking e cyber bullismo. La pandemia ha fatto precipitare questa situazione perché si è trattato di un evento estremo che ha messo in difficoltà ulteriore chi aveva già delle problematiche e ha reso spesso impossibile l’accesso ai servizi di cura estremizzando delle fragilità spesso già presenti".
Per quanto riguarda l’uso di sostanze stupefacenti e alcool, la provincia di Cuneo non si discosta dai dati nazionali e internazionali. C’è un aumento dell’abuso “binge” di alcool, sostanzialmente delle vere e proprie abbuffate, spesso nei weekend con conseguenze spesso drammatiche e un aumento prepotente dell’uso di cannabinoidi. Sul fronte della cannabis manca, secondo il dottor Coppola, una consapevolezza del suo rischio reale: “La cannabis in circolo è oggi molto più potente di quella che circolava anni fa – prosegue Coppola -. Inoltre si stanno diffondendo dei cannabinoidi sintetici molto pericolosi per la loro tossicità, accessibili anche via internet con sistemi efficienti che sfuggono con molta più facilità ai controlli”.
Altro elemento di allarme è l’abuso di farmaci da prescrizione: “Nella difficoltà di accedere ad altre sostanze alcuni ragazzi abusano di farmaci trovati in casa: le benzodiazepine della mamma, analgesici, antidepressivi trovati in casa propria o di amici che vengono utilizzati in modo non terapeutici, ma per sballo o per una forma distorta di auto-aiuto e cura di quel disagio che spesso si prova in fase adolescenziale”.
Un fenomeno, dunque, che è iniziato prima della pandemia, esploso e incancrenito negli ultimi due anni e, probabilmente, destinato a proseguire nel tempo: “Questo è l’inizio di un fenomeno che interesserà la popolazione di quella fascia di età anche nei tempi a venire. Si tratta di un fenomeno largamente diffuso e molto preoccupante. Tutto è estremizzato”.
Anche dal punto di vista figurativo sono cambiati i paradigmi: non c’è più lo spacciatore tradizionale, spesso sostituito da corrieri sconosciuti contattati via internet e lo stesso abusante è diverso dall’immagine del passato del tossicodipendente riconoscibile. Tutto questo rende la dipendenza invisibile fino al momento in cui: “ce li portano in terapia intensiva per l’abuso o hanno reazioni violente sotto l’effetto di sostanze, o ancora si sono messi al volante causando incidenti. Situazioni purtroppo spesso irreversibili. E le famiglie si interrogano per non aver saputo cogliere dei campanelli d’allarme che però sono molto difficili da intercettare poiché si tratta di comportamenti integrati nella vita quotidiana. Spesso gli abusi sono compulsivi e ridotti nei fine settimana. Più facili da intercettare, che non significa più facilmente gestibili, le dipendenze che si associano a un comportamento di isolamento”.
Un quadro, quello dipinto da Coppola decisamente poco rassicurante perché ci porta ad allungare la fine del problema ben oltre quella della pandemia. E i giovani cosa hanno, però da dire? Abbiamo interpellato un buon numero di adulti esperti sul prossimo numero toccherà ai ragazzi e alle ragazze raccontarsi.