“Belfast” – “Il legionario”

Belfast

BELFAST
di Kenneth Branagh; con Jude Hill, Caitriona Balfe, Judi Dench, Jamie Dornan, Ciarán Hinds, Colin Morgan. 

Belfast, 1969. Un ragazzino di 9 anni corre per strada, spensierato. Gioca a palla davanti casa con gli amici, chiacchiera in cortile con l’amatissimo nonno, tornando da scuola si sofferma a contemplare le finestre della casa di Catherine, la compagna di banco di cui si è invaghito. Catherine ha i capelli lunghi, è la prima della classe, ed è cattolica. Già, cattolici e protestanti in un’Irlanda del Nord squassata da un conflitto religioso-politico che ha radici lontanissime, che risalgono addirittura a Oliver Cromwell, ad un suo provvedimento del 1651 e alla guerra civile inglese. Ma che ne sa un bambino di tutto quello? Che ne sa un bambino di un odio tanto antico quanto insensato? Buddy e la sua famiglia sono protestanti e vivono in un quartiere misto di Belfast, i loro vicini sono cattolici e sono amici da una vita. Catherine è cattolica e il piccolo Buddy vorrebbe sposarla. Ma poi in un giorno qualsiasi di quel 1969 la tensione esplode, un gruppo di protestanti decide di cacciare i cattolici da quella parte di Belfast, volano i sassi, volano le molotov, la rabbia trasfigura i volti e trasforma le persone. Non tutte però. Non i nonni di Buddy, non i genitori di Buddy, non Buddy. 
Dolcissimo, toccante, a tratti un po’ ruffiano, il film scritto e diretto da Kenneth Branagh ci racconta una Belfast fine Anni ’60 ad altezza di bambino, i temi e i problemi vengono visti con i suoi occhi - i non sempre facili rapporti tra i genitori, la salute precaria dell’acuto e ironico nonno, le gravissime tensioni sociali dell’Irlanda del Nord - e costringe anche noi a tornare a quell’età, tutto è in un bianco e nero bellissimo e le musiche di Van Morrison (di Belfast, come Branagh), spezzano il cuore. Il piccolo Jude Hill (per la prima volta sullo schermo) è un mostro di bravura, non recita mai, semplicemente è. Da non perdere. 

Il Legionario
IL LEGIONARIO
di Hleb Papou; con Germano Gentile, Maurizio Bousso, Marco Falaguasta, Félicité Mbezelé. 

Daniel è un poliziotto del Reparto Mobile di Roma, gli amici lo chiamano con il greve tono scherzoso della caserma “Ciobar”, come le tavolette di cioccolato. Già perché Daniel è un italiano di seconda generazione, è di origine africana ed è l’unico poliziotto di colore della squadra, è la cosa presenta i suoi problemi. Tra le file di quei reparti le parole tolleranza, ascolto, rispetto reciproco non vanno per la maggiore e sui muri delle camere di quei poliziotti non sono certo appese le fotografie di Gandhi o di Voltaire, i miti sono altri. Daniel però ha anche un altro problema con cui deve fare i conti, ed è la sua famiglia. La madre e il fratello Patrick vivono ai margini della legalità, in un palazzone dell’Esquilino occupato e più volte minacciato di sgombero, e Daniel deve tenere nascosta la cosa ai suoi commilitoni. Anche Patrick, il fratello minore, tra i più attivi nel comitato di occupazione del palazzo, a sua volta vuole tenere nascosto il lavoro di Daniel agli altri inquilini, perché Daniel è uno sbirro, un nemico. La situazione precipita quando il reparto celere di Daniel viene inviato a sgomberare proprio “quel” palazzo…
Premiato al Festival di Locarno 2021 come Miglior regista emergente, con “Il legionario” il bielorusso di origine ma italiano di adozione Hleb Papou mette in scena un dramma intenso e potente che attraverso il cinema di genere affronta scottanti problemi di carattere sociale. L’involucro, la confezione è quella del war movie, del cops movie, ma poi il racconto si dipana per far emergere ciò di cui Papou vuol davvero parlare, il problema della casa, le difficoltà di integrazione della società italiana, lo strisciante razzismo che la abita. Il gancio è il cinema d’azione, il tema è l’analisi sociale e l’importanza delle relazioni parentali. La legalità può calpestare la moralità? Ciò che è legale è sempre anche buono?