Disagio giovanile: la parola ai protagonisti dell’inchiesta

Giovani Solitudine

Non può esserci viaggio nel mondo giovanile che non interpelli loro, i ragazzi e le ragazze di cui in queste settimane abbiamo trattato. Le parole dei tecnici, degli specialisti che giorno dopo giorno affrontano, sondano, si prendono cura della fetta più giovane di popolazione hanno aperto una finestra su una situazione difficile che sembra essere spesso colta solo dagli addetti ai lavori. “Che problemi hanno i giovani? Hanno tutto!”: spesso questo è il leitmotiv che accompagna molti discorsi è da parte degli adulti.
Che problemi hanno? Di che cosa sentono la mancanza? Come si potrebbe far incontrare le generazioni in uno sforzo di comprensione reciproca? Sono domande che si rincorrono da sempre, lo scarto intergenerazionale è sempre stato una spada di Damocle sulle relazioni familiari e sociali, ma in questi ultimi due anni si è inasprito.
Non si può negare che gli studenti, in modo particolare quelli dai 12 anni in su, abbiano pagato un prezzo altissimo in questi ultimi due anni con i genitori al lavoro e l’unico interlocutore attraverso uno schermo di computer: “Il mio amico gioca sempre ai videogiochi” sospira L., undici anni. La quotidianità tanto agognata non c’è: dai racconti che abbiamo raccolto in questa settimana emerge questo scollamento rispetto alla vita di prima. Alcuni riferiscono di aver abbandonato le attività sportive che facevano prima del Covid, altri di uscire molto meno, coinvolti dalla spirale di isolamento degli ultimi due anni: “Io mi sento più o meno come ero prima, perché so che passerà, ma molti giovani hanno sentimenti negativi” dice L.
Inevitabilmente parziale il tipo di indagine che abbiamo condotto intercettando solo chi non si è rifugiato, come invece i dati statistici riportano, nella sicurezza della propria abitazione, rifiutando il confronto con il mondo esterno.
Cosa manca? Unanime la risposta di un luogo di aggregazione dove vivere le proprie esperienze senza essere giudicati. C’è chi spera che un imprenditore illuminato voglia aprire un bowling anche a Fossano, chi invece chiede un luogo in cui essere ascoltato e capito: “Quando parliamo non veniamo ascoltati. Se diciamo che siamo stufi, che non sappiamo dove andare e cosa fare, ci viene risposto che noi abbiamo tutto mentre i nostri genitori si sono dovuti conquistare tutto” confessa G., 16 anni.
L’atteggiamento è talvolta scostante, lo sguardo tagliente, la fiducia poca in chi rappresenta, di fatto, la generazione antagonista, ma nasconde anche la fragilità e il desiderio di far sentire la propria voce. “La colpa è degli adulti”. Non ha esitazione E. nel dare il suo giudizio: “Il tasso di suicidi sta aumentando di giorni in girono e a parer mio è tutta colpa degli adulti. È colpa loro se ci stanno lentamente distruggendo. Nel mondo c’è troppa ignoranza, a partire dalle cose enormi come le guerre o la pandemia per arrivare a quelle più piccole, ma non meno importanti, come essere accettati per ciò che si è”.
Anche F. parla di accettazione: “Molti fanno finta di essere cambiare per essere accettati”, ci spiega lasciando trasparire anche il dispiacere per un tradimento subito.
Depressione, irritabilità, apatia, solitudine e senso di isolamento, abuso di alcol e sostanze stupefacenti, disturbi alimentari, incomprensioni familiari, bullismo, autolesionismo e comportamenti suicidari: i ragazzi con cui abbiamo parlato non hanno dato un nome al loro disagio, ma è stato palpabile rendersi conto che c’è qualcosa che va oltre il tradizionale scarto generazionale. Il vuoto lasciato dagli ultimi due anni, il senso di smarrimento per aver saltato alcune tappe fondamentali non è trascurabile: “Mio fratello alla mia età usciva con gli amici – ci racconta J, 14 anni -. Io non posso mai andare dai miei compagni perché c’è il Covid. Prima andavo a fare i compiti e a giocare alla Play Station dal mio amico, poi non abbiamo più potuto”. Alla domanda sul perché non sia tornato a trovarsi con l’amico la risposta è una laconica alzata di spalle.
Al termine di questo “viaggio” tra i giovani è importante sottlineare di dati della Società Italiana di Pediatria, secondo la quale l’80% dei giovani tra i 14 e i 18 sta sperimentando una qualche forma di disagio emotivo, che nel 15% dei casi sfocia in gesti di autolesionismo.