“Stanno arrivando! Il nostro autobus e tre pulmini sono di rientro verso l’Italia. A bordo abbiamo 67 amici ucraini, di cui 21 bambini, oltre a 2 cagnolini: saranno ospitati in famiglie piemontesi, con l’eccezione di un piccolo gruppo di 6, che si fermerà da una famiglia a Milano. Non riusciamo neanche immaginare che cosa hanno dovuto superare per essere ora qui, con noi: la scelta difficilissima di abbandonare la propria casa, la propria terra, i propri affetti,...”.
È quanto si legge nel post che, nella mattinata dello scorso 7 marzo, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook “Arca solidale”, associazione piemontese che da tempo permette a bambini e ragazzi ucraini “vittime dirette o indirette del disastro di Chernobyl” di trascorrere alcuni mesi in Italia, “in un ambiente sano, con una corretta alimentazione che aiuta a rafforzare le difese immunitarie e con momenti sereni ed educativi”. Tramite il Consolato onorario ucraino di Torino, che costituisce abitualmente il canale attraverso cui l’associazione ospita i bambini di Chernobyl, l’«Arca solidale» si è fatta avanti per aiutare quanti fuggono dal Paese dopo l’invasione russa. Per il viaggio dal confine fra Polonia e Ucraina, dove giungono i profughi, verso l’Italia, l’associazione ha messo a disposizione un pullman, a cui si sono aggiunti due pulmini, uno dei Vigili del fuoco e l’altro di un privato, che hanno portato il totale dei posti disponibili a più di 60; intanto ben 650 famiglie, piemontesi e non solo, hanno manifestato all’«Arca solidale» la loro disponibilità ad accogliere i profughi, per un totale di 1.700 posti letto. Il post su Facebook è comparso dopo un’interminabile notte in cui i volontari hanno “fatto gli abbinamenti” tra i nuclei familiari in arrivo e le famiglie che li avrebbero ospitati.
“Abbiamo informato le famiglie telefonando loro alle undici e mezza di notte: non ci hanno insultato, nonostante l’ora...”, scherza Diego Pisarra, componente del Direttivo dell’associazione che vive a Sant’Albano Stura. Di ritrovare un poco di serenità, dopo ore tanto intense, c’è davvero bisogno. “L’adrenalina è scesa solo stamane - continua Pisarra, che sentiamo al telefono il 7 marzo, all’ora di pranzo -. Di tutte le famiglie che si erano fatte avanti, abbiamo dovuto fare una scrematura. Quanto ai profughi, quando siamo andati al confine tra Polonia e Ucraina, non sapevamo chi avremmo trasportato: soltanto dopo il nostro arrivo abbiamo potuto fare gli abbinamenti fra i nuclei familiari e le famiglie che li avrebbero ospitati”.
Il luogo in Polonia per l’ospitalità dei profughi dove sono giunti i volontari di “Arca solidale” è un immenso Centro commerciale. “Tra le corsie dei negozi sono state sistemate delle brandine, o si dorme per terra”, spiega Pisarra, che continua: “Giunti al confine con la Polonia, i profughi non vorrebbero allontanarsi: pensano che la guerra finirà presto. L’informazione ucraina è allo sfascio, e attraverso i media polacchi non riescono ad informarsi perché la lingua è diversa: in sostanza, non possono sapere che cosa accade a casa loro”. Ovunque si parla di profughi, ma non è la parola giusta: “Sono quasi tutte donne con bambini - osserva Pisarra -. Gli uomini, dai 18 ai 60 anni, non possono lasciare l’Ucraina perché arruolabili; quelli che si trovano in Polonia erano lì prima dell’inizio della guerra, per lavoro”. E le donne, a loro volta, “faticano a fidarsi se incontrano volontari uomini, temono di subire molestie”: “Per noi è stato preziosissimo avere un’interprete donna”.
E dei bambini di Chernobyl? Conclude Pisarra: “I progetti di accoglienza sono in attesa di sviluppi. I nostri bambini si trovano ad est di Kiev, a 150 chilometri dal confine russo: per raggiungere la Polonia, dovrebbero percorrere 900 chilometri, attraversando la capitale ucraina. Sarebbe impossibile portarli via in sicurezza”.
Intanto alcuni profughi, una decina, sono giunti a Sant’Albano Stura.
Le spese del viaggio sono state pagate dalla Fondazione “Specchio dei tempi”. L’«Arca solidale» ringrazia i vigili del fuoco Luca Fumero ed Enzo Fantini, il vigile del fuoco in pensione Roberto Dutto e Raffaele Cocozza e Maurizio Fea per aver partecipato con due veicoli al viaggio che ha portato in Italia i profughi; un “grazie” anche all’interprete Oksana Oliynyk.