Era lei la “bambina contro Stalin”, quella raccontata nel libro di Gabriele Nissim. Quella ragazza appena dodicenne cui venne portato via il papà dall’NKVD, la polizia segreta dell’Unione Sovietica, durante il terrore staliniano. Era il 1938: Gino De Marchi, originario di Fossano, militante del Partito Comunista Italiano rifugiato in Urss, dove faceva il regista di documentari, venne fucilato con l’accusa infamante e ingiusta di “spia dell’Italia fascista” da un regìme sanguinario e paranoico. Ottantaquattro anni dopo Luciana De Marchi ha raggiunto il suo amato papà. È mancata giovedì a Fossano, dove viveva da qualche anno. Dopo la dissoluzione dell’Urss era tornata in Italia, nella sua casa di borgo Vecchio, dove si era ritirata tra i cimeli di una carriera di attrice (amica di Nikita Mikalkov, aveva recitato anche nel film “Italiani brava gente” di Giuseppe De Santis, girato in Russia) e i ricordi di famiglia.
Luciana se n’è andata dopo aver compiuto fino in fondo la sua missione: scoprire la verità e difendere la memoria di suo padre. Gino venne “riabilitato” nel 1956 da Kruscev. E nel 1996, dal disgelo degli archivi di Stato, è emersa la anche prova documentale che non era morto di peritonite in un gulag, come sosteneva la versione ufficiale. Era invece stato fucilato a Butovo, nei pressi di Mosca, il 3 giugno 1938, ad appena 36 anni, e a denunciarlo erano stati anche alcuni comunisti italiani.
Oggi una lapide ricorda Gino De Marchi nel cimitero monumentale di Levashovo, nei presso di San Pietroburgo. Fossano gli ha dedicato una via nel 2004, nell’area della ex fornace, non molto distante da quella che negli anni ‘70 aveva dedicato a Giovanni Germanetto, altro fossanese esule a Mosca, che - si disse - non aveva mosso un dito per difenderlo. Nel 2007 Luciana è stata ricevuta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Nel 2010 la figlia Svetlana ha ottenuto la cittadinanza italiana, estesa tre anni dopo anche al marito Alexander Volynsky. In tutti e due i casi la cerimonia si è tenuta a Fossano.
Scrivemmo in quelle circostanze che la famiglia De Marchi era tornata a casa. E che Luciana poteva dire di aver vinto: contro l’ottusità del regime comunista sovietico e anche contro l’indifferenza del mondo politico italiano del dopoguerra, che per troppo tempo aveva fatto finta di niente di fronte ad una verità scomoda, quella di un comunista italiano, giovane e idealista, ucciso dopo un processo farsa nel “paradiso in terra” del comunismo realizzato.
I funerali saranno celebrati sabato alle 15 nella chiesa di San Filippo. Luciana lascia la figlia Svetlana, i nipoti Pietro, Gina e Maria con le rispettive famiglie, cugini e parenti.