La guerra in Ucraina spinge l’Unione europea a ripensare il suo futuro

L’interessante analisi di Franco Chittolina presidente di Apice

Trinità Ucraina Chittolina Incontro02

L’aggressione russa all’Ucraina e la fiumana di profughi che stanno arrivando in queste ore in Europa sollecitano l’Unione europea a riflettere su un nuovo futuro. Senza giri di parole Franco Chittolina nella serata di venerdì 11 marzo, a Trinità, sul tema “Ue Ucraina, l’ora della solidarietà?” affronta di petto i grandi temi che potrebbero dare una spinta ai cambiamenti dell’Unione europea guardando con spirito attento e, anche, a tratti critico all’apertura dell’Unione europea all’Ucraina.
Sono tre le macro emergenze che sfidano l’Unione europea: umanitaria, economica e politica.

Emergenza umanitaria
Scopriamo in questi giorni che l’Ue fin dal 2001 tiene nel cassetto una Direttiva, la n. 55 adottata (ratificata dall’Italia nel 2003) sulla protezione temporanea degli sfollati e che in tutti questi anni, nonostante il massiccio flusso di profughi che premono sulle nostre frontiere, non ha mai applicato. “Una direttiva che abbiamo dimenticato per vent’anni. Mi chiedo se per averne diritto - sottolinea amaramente Chittolina - si deve essere bianchi e cristiani. Spero non sia così”.
Guardando ai milioni di profughi che stanno attraversando i confini dell’Ucraina (ad oggi sono già oltre due milioni di cui due terzi donne e bambini) “l’Unione europea sta facendo tanto, speriamo che sappia anche redistribuirli e assumerne i costi. Forse alcune risorse del Pnrr dovrebbero convergere in questa direzione”.

Emergenza economica
Questo è uno dei grandi temi che si è dibattuto nei giorni scorsi nel Consiglio europeo di Versailles, forzatamente costretto dai fatti contingenti a guardare in una nuova direzione. Le ricadute delle sanzioni sull’Unione europea sono una spada di Damocle pronte a esplodere. “Corriamo il rischio di una miscela pericolosissima per l’economia - spiega Chittolina - quando l’inflazione, che è altissima, si accompagna con la stagnazione. È urgente l’avvio di una politica energetica comune, ma siamo pronti?".
La speranza sta nel varco che il Covid prima e la guerra in Ucraina, oggi, forzatamente, aprono verso la transizione ecologica. “Abbiamo l’occasione di dare una frustata in avanti perché abbiamo capito che l’energia fossile oltre a essere inquinante ci rende prigionieri di alcuni Paesi. La decisione presa di ridurre entro la fine del 2023 di 2/3 l’energia fossile in Europa è importante. Proviamoci!”.
Esiste inoltre un altro problema, discusso anche a Versailles: il “Recovery di guerra” proposto da Macron. Dopo l’intervento della Next generation per il piano di ripresa per l’emergenza sanitaria da 750 miliardi arriva sul tavolo la proposta di accendere un nuovo debito comune per fronteggiare anche il potenziamento della difesa europea.

Emergenza politica
Il tema della difesa europea porta sul tavolo la più complessa e difficile questione politica. “Questione delicatissima - dice Chittolina -. Soprattutto se si arriva a una politica comune della difesa senza una politica estera. Rischiamo di costruire il tetto senza le fondamenta. La politica comune della difesa è tardiva e prematura. Tardiva perché dovevamo intervenire fin dagli Anni ’50 quando venne firmato il progetto di Comunità europea della difesa, bocciato allora dalla Francia. Prematura perché, oggi, non l’abbiamo preparata. A Versailles in questi giorni si discute sull’opportunità di dare una accelerata per la costituzione di un esercito europeo. Bene, ma siamo in ritardo perché da oltre 70 anni ci siamo considerati un’isola di pace. Ma non è stato così: ricordiamo la guerra nell’ex Jugoslavia, le colonie fino agli Anni ’60...”.
Chittolina esprime preoccupazione per la scelta della Germania di stanziare “in poche ore cento miliardi per le spese militari. Si tratta di riarmo, e fa della Germania il Paese con la più alta spesa militare dell’Europa. Attenzione (!) perché si è rovesciato un equilibrio. Vorrei sperare che una politica europea contenga spinte che inquietano”.
Critico anche sulla Nato: “Gli Stati Uniti con il 75% è l’azionista maggioritario. Se dovesse scoppiare un conflitto quali interessi difenderebbe? Forse è tempo di organizzare una difesa comune dell’Unione europea che costerebbe meno delle singole difese nazionali, peraltro abbastanza inefficienti”.
Chittolina frena anche sull’entrata dell’Ucraina nella Ue. “Ursula von der Leyen generosamente, nel momento più disperato, si è espressa a favore dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea. Ma il processo di adesione è complesso. Implica che il Paese non sia in guerra ma in uno stato di pace, e che aderisca al corpus di regole adottate dalla Comunità prima e dall’Unione poi nel corso di una settantina d’anni, dando prova di rispetto dello stato di diritto, della vita democratica e di buon governo, oltre che di condivisione di un mercato unico e dei suoi non indifferenti vincoli. Abbiamo già preso un abbaglio con la Polonia e l’Ungheria. Stiamo attenti!”. Aggiunge, inoltre, che non bisogna dimenticarsi dei Paesi balcanici che “teniamo in anticamera dall’inizio di questo secolo. Se poi a questo si aggiungono le già annunciate richieste di ingresso di Paesi come la Georgia e la Moldavia, allora si ha un’idea della complessità dell’operazione”. “Usciremo da questa guerra con nazionalismi che dureranno nel tempo e che, introdotti nella Ue, dove ce ne sono già abbastanza, rischiano di farla esplodere. Insomma, è tutto molto complesso!” l’amara conclusione del presidente di Apice.