Padri e papà, identica figura e molteplici esperienze (1ª parte)

Spunti di riflessioni a cura dell’Ufficio Famiglia diocesano, in occasione del 19 marzo, festa del papà

Papà
(Photo By Kelli McClintock On Unsplash)

Quella del padre resta una figura decisiva per il futuro di ogni figlio il quale, nel confronto a volte duro con lui, scopre la propria identità e la sviluppa nell’intreccio delle dinamiche familiari e sociali. Il padre è chiamato a muoversi con fermezza ma anche con delicatezza, con decisione ed elasticità; a lui il compito della pronuncia dei “no” che non umiliano il figlio e non lo spengono, e dei “sì” che acconsentono nuove possibilità. Nessun uomo nasce padre (e nessuna donna madre), piuttosto tutti impariamo ad esserlo “in presa diretta”, senza corsi di formazione e tirocini pregressi, in un’esperienza che cambia radicalmente il nostro modo di essere nel mondo.
Considerato il periodo incerto che stiamo attraversando, l’Ufficio Famiglia delle diocesi di Cuneo e Fossano non propone la consueta “Benedizione dei papà” nei giorni vicini al 19 marzo ma in collaborazione col settimanale “la Fedeltà” offre all’attenzione dei lettori alcuni racconti circa l’esperienza della paternità, nei contesti più comuni entro i quali si realizza. Qin questa prima puntata il contributo è quello di due papà che vivono la separazione e il divorzio.

1 - Essere padre nella separazione e nel divorzio

“È COME FARE L'EQUILIBRISTA

Se già in condizioni normali essere padre è tutt’altro che un’impresa scontata, a fronte del fallimento di una relazione matrimoniale il quadro si complica. In Italia la legge presta particolare attenzione al principio della bigenitorialità secondo il quale il figlio minore ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, e ad essere da loro accompagnato e sostenuto nella crescita. Nelle separazioni consensuali i toni generalmente sono meno aspri e la gestione dei figli avviene in accordo tra genitori. In quelle giudiziali invece è necessario l’intervento del Tribunale il quale, supportato dal lavoro di esperti, indica la soluzione migliore per il bene dei figli. Impossibile ed errato però fare generalizzazioni: esistono madri che non riconoscono affatto la figura paterna e la pensano inadeguata e viceversa, ma non per questo l’altro genitore deve essere penalizzato nella relazione col figlio. Non esiste il genitore perfetto ma ogni genitore diventa padre (e madre) nella misura in cui si dedica al figlio nella condizione in cui si trova a vivere; niente sarà perduto di quella relazione, che pure ha dovuto attraversare un tempo doloroso e di crisi, se avremo il coraggio di reinventarci, evitare confronti inopportuni e senza rimpiangere “i tempi d’oro” (che forse non sono mai esistiti).

“Credo che la figura del padre separato ricordi molto la figura dell’equilibrista - racconta L. -. Un equilibrista che deve cercare di camminare sulla fune e gestire sentimenti e situazioni che prima non doveva affrontare. Penso al senso di colpa per aver sconvolto la vita dei propri figli con una decisione che, seppur giustificata da mille ragioni, è stata comunque a loro imposta; la difficoltà, almeno iniziale, a gestire completamente la loro vita quando sono con lui; imparare a portare avanti una casa da solo e, non per ultimo, gestirsi a livello economico. Tutti pesi questi, che porterebbero il nostro equilibrista a cadere inesorabilmente nel vuoto.
È necessario allora trovare un contrappeso positivo, ed io credo che questo possa essere rappresentato dall’opportunità di affiancare i propri figli durante la loro crescita da una prospettiva diversa da quella di un padre ‘standard’. Questo perché, essendo noi papà separati molto tempo a contatto con i nostri figli senza l’altro genitore, siamo ‘costretti’ ad affrontare quelle situazioni di vita quotidiana che solitamente sono ‘delegate’ alla mamma, come ad esempio lo sfogo per una brutta giornata a scuola, il racconto di una nuova amicizia, e di tutte quelle dinamiche che il papà solitamente è l’ultimo a sapere e comprendere. Essere un padre separato quindi non dovrebbe mai essere vissuto come una sconfitta, ma come un’opportunità di vivere più intensamente la crescita dei propri figli e questo, a mio parere, dovrebbe essere quel punto in lontananza che l’equilibrista dovrebbe fissare per non cadere ed arrivare alla fine del suo percorso”.

“Se penso alla mia vita di padre ora - aggiunge A. -, dopo una divisione burrascosa, come prima cosa mi sento di stringermi le mani da solo e congratularmi per essere ancora vivo e sano di mente! Soprattutto per essere in grado di guardare negli occhi le mie figlie e dire loro che la vita è bella e fatta di tante sorprese.
All’inizio ti senti un padre part-time che cerca di concentrare ogni secondo disponibile che ha con i figli assecondando le loro richieste e, inconsciamente, anche il suo senso di colpa per non essere stato in grado di mantenere una famiglia unita. Poi ti evolvi, cresci e maturi rendendoti conto che sei padre e uomo sempre, e che come tale devi essere una figura che si trasforma e che cresce con le evoluzioni dei propri figli. Non appena trovi un equilibrio con loro, puntuale come sempre, arriva una nuova fase volitiva e se fino a ieri giocavi alla maestra, oggi devi imparare a controllare il cellulare del figlio adolescente che cerca di crescere inciampando negli ostacoli quotidiani. Insomma, è un’avventura magica quella del padre separato, perché la vivi ancora più intensamente essendo tu da solo a gestire ogni cosa e a dover fronteggiare ogni situazione; ma alla fine sei anche tu da solo che prendi e dai tutte le coccole la sera, quando fai addormentare i tuoi tesori, o la mattina quando si svegliano e ti senti chiamato per nome”.

(1 - continua)