“Molti scrittori hanno evocato la bellezza delle notti illuminate dalle stelle. Invece le notti di guerra sono solcate da scie luminose di morte”. E’ l’esordio dell’omelia del Papa per la Veglia pasquale, presieduta dal card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, alla presenza di circa 6 mila fedeli. “In questa notte, fratelli e sorelle, lasciamoci prendere per mano dalle donne del Vangelo, per scoprire con loro il sorgere della luce di Dio che brilla nelle tenebre del mondo”, l’invito di Francesco: “Quelle donne, mentre la notte si diradava e le prime luci dell’alba spuntavano senza clamori, si recarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. E lì vivono un’esperienza sconvolgente: prima scoprono che la tomba è vuota; quindi vedono due figure in vesti sfolgoranti, le quali dicono loro che Gesù è risorto; e subito corrono ad annunciare la notizia agli altri discepoli. Vedono, ascoltano, annunciano: con queste tre azioni entriamo anche noi nella Pasqua del Signore”.
“Troppo spesso guardiamo la vita e la realtà con gli occhi rivolti verso il basso”
“Il primo annuncio della Risurrezione non è affidato a una formula da capire, ma a un segno da contemplare”. Lo ha fatto notare il Papa, nell’omelia della Veglia pasquale nella basilica di San Pietro, dedicata alle tre azioni che compiono le donne quando si recano al sepolcro di Gesù. “In un cimitero, presso una tomba, dove tutto dovrebbe essere ordinato e tranquillo, le donne trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù”, ha ricordato Francesco: “La Pasqua, dunque, inizia ribaltando i nostri schemi. Giunge con il dono di una speranza sorprendente. Ma non è facile accoglierla. A volte – dobbiamo ammetterlo – nel nostro cuore questa speranza non trova spazio”. “Come le donne del Vangelo, anche in noi prevalgono domande e dubbi, e la prima reazione di fronte al segno imprevisto è la paura”, l’analisi del Papa, secondo il quale “troppo spesso guardiamo la vita e la realtà con gli occhi rivolti verso il basso; fissiamo soltanto l’oggi che passa, siamo disillusi sul futuro, ci chiudiamo nei nostri bisogni, ci accomodiamo nel carcere dell’apatia, mentre continuiamo a lamentarci e a pensare che le cose non cambieranno mai. E così restiamo immobili davanti alla tomba della rassegnazione e del fatalismo, e seppelliamo la gioia di vivere”. “Eppure il Signore, in questa notte, vuole donarci occhi diversi, accesi dalla speranza che la paura, il dolore e la morte non avranno l’ultima parola su di noi”, ha garantito Francesco: “Grazie alla Pasqua di Gesù possiamo fare il salto dal nulla alla vita, ‘e la morte non potrà ormai più defraudarci della nostra esistenza’”, la citazione di Karl Rahner: “essa è stata tutta e per sempre abbracciata dall’amore sconfinato di Dio. È vero, può intimorirci e paralizzarci. Ma il Signore è risorto! Alziamo lo sguardo, togliamo il velo dell’amarezza e della tristezza dai nostri occhi, apriamoci alla speranza di Dio!”.
"Un cristianesimo che rinchiude il Signore nel sepolcro dell’abitudine è un cristianesimo senza Pasqua”
“Non possiamo fare Pasqua se continuiamo a rimanere nella morte”, il monito del Papa: “se restiamo prigionieri del passato; se nella vita non abbiamo il coraggio di lasciarci perdonare da Dio – che perdona tutto – il coraggio di cambiare, di rompere con le opere del male, di deciderci per Gesù e per il suo amore; se riduciamo la fede a un amuleto, facendo di Dio un bel ricordo di tempi passati, invece che incontrarlo oggi come il Dio vivo che vuole trasformare noi e il mondo”. “Un cristianesimo che cerca il Signore tra i relitti del passato e lo rinchiude nel sepolcro dell’abitudine è un cristianesimo senza Pasqua”, ha affermato il Papa: “Ma il Signore è risorto! Non attardiamoci attorno ai sepolcri, ma andiamo a riscoprire Lui, il Vivente! E non abbiamo paura di cercarlo anche nel volto dei fratelli, nella storia di chi spera e di chi sogna, nel dolore di chi piange e soffre: Dio è lì!”.
“Gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra"
“La Pasqua non accade per consolare intimamente chi piange la morte di Gesù, ma per spalancare i cuori all’annuncio straordinario della vittoria di Dio sul male e sulla morte”. Lo ha spiegato il Papa, nell’omelia della Veglia pasquale nella basilica di San Pietro. “La luce della Risurrezione – ha proseguito Francesco – non vuole trattenere le donne nell’estasi di un godimento personale, non tollera atteggiamenti sedentari, ma genera discepoli missionari che ‘tornano dal sepolcro’ e portano a tutti il Vangelo del Risorto. Ecco perché, dopo aver visto e ascoltato, le donne corrono ad annunciare la gioia della Risurrezione ai discepoli. Sanno che potrebbero essere prese per pazze, tant’è che il Vangelo dice che le loro parole parvero ‘come un vaneggiamento’, ma non sono preoccupate della loro reputazione, di difendere la loro immagine; non misurano i sentimenti, non calcolano le parole”. “Com’è bella una Chiesa che corre in questo modo per le strade del mondo!”, ha commentato il Papa: “Senza paure, senza tatticismi e opportunismi; solo col desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo. A questo siamo chiamati: a fare esperienza del Risorto e condividerla con gli altri; a rotolare quella pietra dal sepolcro, in cui spesso abbiamo sigillato il Signore, per diffondere la sua gioia nel mondo”.
“Facciamo risuscitare Gesù, il Vivente, dai sepolcri in cui lo abbiamo rinchiuso”, l’invito: “Liberiamolo dalle formalità in cui spesso lo abbiamo imprigionato; risvegliamoci dal sonno del quieto vivere in cui a volte lo abbiamo adagiato, perché non disturbi e non scomodi più”. “Portiamolo nella vita di tutti i giorni”, la consegna di Francesco, “con gesti di pace in questo tempo segnato dagli orrori della guerra; con opere di riconciliazione nelle relazioni spezzate e di compassione verso chi è nel bisogno; con azioni di giustizia in mezzo alle disuguaglianze e di verità in mezzo alle menzogne. E, soprattutto, con opere di amore e di fraternità”.
(fonte SIR)