Sul "la Fedeltà" del 27 aprile 2022, ci siamo confrontanti con Giorgio Ghillardi, ingegnere nucleare di Fossano, sulla possibilità di un "ritorno all'atomo" come strumento della transizione energetica, in vista dell'abbandono delle fonti fossili (l'intervista è disponibile anche qui). In uno scenario di questo tipo, si impone inevitabilmente una domanda ulteriore, non meno importante: se decidiamo di costruire una centrale, dove la costruiamo? Il nostro giornale rispolvera una storia in cui, fra i candidati ad ospitare un reattore, c'era - o pareva esserci - Fossano...
Una dichiarazione sull’energia atomica di Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, durante una visita in Francia; la “riscoperta” di uno studio del Cnr, risalente a un anno prima, sui possibili siti. Era il 2009, riesplose il caso del “ritorno al nucleare” in Italia e Fossano ne fu coinvolta. Motivo: il Fossanese era considerato una delle aree adatte ad ospitare una centrale.
Fu, davvero, la montagna che partorisce il topolino. Affermarlo oggi, a distanza di 13 anni, è facile. Al tempo emerse, o almeno così sembra, una certa preoccupazione: ancora nel 2010, l’associazione “Casanostra” sosteneva che “il rischio di avere qui un reattore è reale”.
L’allora sindaco della città degli Acaja Francesco Balocco, pur dicendosi scettico sulla possibilità che la costruzione di una centrale nucleare nel Fossanese potesse concretizzarsi, si mostrò fermo nel sostenere le ragioni per le quali questo territorio non è adatto. E queste ragioni erano (sono) essenzialmente due: Fossano è troppo vicina, in linea d’aria, alla centrale elettronucleare Super-Phénix in Francia, dove sono avvenuti degli incidenti, e la vocazione agricola, zootecnica e turistica della zona sarebbe compromessa dalla presenza “ingombrante” di un reattore.
Meglio investire sul fotovoltaico. È quanto si ribatteva già allora all’«ipotesi nucleare», anche attraverso le colonne de “la Fedeltà”. Ma, in questi anni, si è fatto in misura sufficiente?