Sono sempre in altalena gli indicatori del contagio in Piemonte e in provincia di Cuneo. Ma dai numeri della settimana ci sembra di poter cogliere qualche segnale beneaugurante. Il più eclatante riguarda il calo (pressoché un crollo) dei casi attualmente positivi che, grazie all’elevato numero di guarigioni (oltre 35 mila), sono 19 mila in meno rispetto a martedì 3 maggio (-30%). Analoga è la percentuale di diminuzione degli isolamenti domiciliari.
Contestualmente - ed è un’altra buona notizia - scendono i nuovi contagi. La media settimanale in Piemonte è infatti di 374 casi ogni 100 mila abitanti (contro i 535 di sette giorni fa), la seconda migliore d’Italia dopo la Valle d’Aosta. Quella della provincia di Cuneo è di 357 casi (contro i 481 di sette giorni fa), la seconda del Piemonte dopo Novara (299) e a fronte di una media nazionale di 494. Scende anche - ed è in linea con i dati precedenti - la percentuale di nuovi contagi sui tamponi (13,9% contro 14,4%).
Sotto il profilo sanitario, sono in calo anche i ricoveri ordinari negli ospedali piemontesi, che passano da 841 a 765. La saturazione dei posti letto è ora inferiore al 10% (è al 9,1%), a fronte di una media nazionale del 13,3%. In controtendenza è invece il dato delle terapie intensive, che salgono di 4 unità, da 15 a 19, per una percentuale di occupazione dei posti letto che passa da 2,4% al 3% a fronte di una media nazionale anche in questo caso superiore, al 13,3%. Resta sostanzialmente stabile, purtroppo, il dato dei decessi. La scorsa settimana erano stati 34, negli ultimi sette giorni sono stati 33.
Peraltro, secondo le ultime stime dell’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità), quello dei decessi (nel mondo) sarebbe un dato ampiamente sottostimato, dal momento che - come riporta la sintesi del Sole24Ore - “le vittime associate direttamente o indirettamente alla pandemia tra il 1° gennaio 2020 e il 31 dicembre 2021 sono state 15 milioni, numero di mezzo in una forchetta compresa fra i 13,3 e i 16,6 milioni”. In altri termini, numeri quasi triplicati rispetto a quelli ufficiali (5,4 milioni di morti in tutto il mondo). Il riferimento è anche alle “vittime indirette”, ovvero quelle che sono morte non avendo potuto accedere alla prevenzione e alle cure perché i sistemi sanitari sono stati sovraccaricati dalla pandemia. “Questi dati - ha detto il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus - non solo indicano l’impatto della pandemia, ma anche la necessità che tutti i paesi investano in sistemi sanitari più resilienti in grado di sostenere i servizi sanitari essenziali durante le crisi, compresi sistemi di informazione sanitaria più forti. L’Oms si impegna a lavorare con tutti i paesi per rafforzare i loro sistemi informativi sanitari per generare dati migliori per decisioni migliori e risultati migliori”.