Domenica scorsa il Comitato Pro Parco fluviale di Fossano ha organizzato un evento per far conoscere il Museo geologico “Federico Sacco” e i resti della più antica foresta fossile d’Italia situata sul greto della nostra Stura. Tre gruppi si sono alternati dalle 9 del mattino alle 14, dapprima in via Roma, all’interno di quel piccolo gioiello fossanese che è il museo (nei cui locali messi a disposizione dalla Fondazione e dalla Cassa di Risparmio di Fossano), per seguire le appassionanti storie raccontate dal geologo Flavio Bauducco sulla vita di Federico Sacco, le sue scoperte, le sue pubblicazioni e su quello che oggi può offrire il museo ai suoi visitatori. Poi accompagnati da volontari del Cai e dell’Agesci si sono diretti a Stura, poco oltre il ponte di San Lazzaro lungo il sentiero del Pastore. Giunti nei pressi dell’affioramento della foresta fossile, ad aspettarli c’erano Igi Beraudo (scopritore del sito) e Marco Calandri (dottore in Scienze Forestali e Ambientali). Dopo una breve introduzione al mondo della Paleontologia, i camminatori sono scesi nell’alveo di Stura dove hanno potuto vedere con i loro occhi numerose ceppaie di Glyptostrobus europaeus un albero ormai estinto alto da 30 a 40 metri con una circonferenza anche di oltre un metro simile al nostro attuale Taxodium distichum (o cipresso delle paludi, sempreverde) tipico albero dominante delle foreste fossili del Pliocene (4 milioni di anni fa) del nord Italia.
“Dobbiamo immaginarci un ambiente di palude costiera - ha spiegato Calandri - in cui questa foresta, dopo aver subito un evento catastrofico con un abbattimento di gran parte degli alberi, viene in pochissimo tempo sommersa da sedimenti di argille azzurre (già studiate da Federico Sacco) che bloccano la degradazione naturale di ogni organismo vegetale”. La cosa incredibile che i visitatori hanno potuto osservare è che la ceppaia di Fossano non presenta legname pietrificato, bensì un tipo di legno che, a prima vista, può benissimo essere confuso con della normale legna che il fiume porta con sé. Ad uno sguardo più attento invece la differenza si nota, confermando che “questi affioramenti, rappresentati da radici, ceppi, addirittura semi e resti vari, rimasti intrappolati per 4 milioni di anni all’interno di strati di argilla azzurra, sono il risultato del blocco del processo di degradazione che qualsiasi organismo vivente subisce a contatto con l’ossigeno. La cosa sorprendente è che questo processo riprende appena questi resti vengono a riemergere dalle argille compatte del fondo della Stura, ad esempio, dopo una piena del fiume”. Al termine delle affascinanti spiegazioni di Calandri e Beraudo i vari gruppi (per un totale di una quarantina di persone, tra i quali alcune venute da Alba e da Chieri) si sono rimessi in cammino per far ritorno a Fossano con la consapevolezza di aver appreso alcune cose di cui l’ambiente fluviale del nostro fiume è ricco.
Il Comitato Pro Parco fluviale di Fossano ringrazia vivamente i volontari del Cai e dell’Agesci, l’USAcli (promotrice dell’iniziativa) e la Fondazione della Cassa di Risparmio di Fossano per l’indispensabile aiuto dimostrato e ricorda ancora i due appuntamenti di sabato 28 maggio con il lago delle Libellule e domenica 29 con la visita ai laghi della cava Unical con l’osservazione degli uccelli acquatici.