Da Piovani alla scuola di un beato (1ª parte)

Gonella Agostina Francesca Sito

Può darsi che dagli antichi registri dell’archivio diocesano emergano un giorno dati ancor più rilevanti; per adesso, la solerzia dei nostri archivisti ha comunque consentito di circoscrivere la parrocchia che ha dato i natali a madre Agostina Francesca Gonella, figura eminente dell’Ottocento religioso torinese, di cui dobbiamo ammettere che la maggioranza dei diocesani, e seppur con vergogna noi compresi, ignorava finora addirittura l’esistenza. Così il nostro piccolo “santorale” diocesano, giunto ormai alle battute finali, si arricchisce all’ultimo minuto di questo ulteriore prezioso tassello grazie all’agiografo Daniele Bolognini, che da Torino ci dà l’imbeccata, fornendoci pure la relativa documentazione.

Torniamo allora a Piovani, sul cui territorio vive la famiglia di piccoli proprietari composta da Emanuele Gonella, dalla moglie Margherita Oreglia (o Origlia) e da tre bimbi, un maschio e due femmine: il primogenito nato nel 1836 e l’ultima nel 1842. In mezzo una bimba, Giovanna, nata il 24 giugno di un anno ancora da definire: 1837 secondo le cronache “ufficiali”, 1839 in base ai registri parrocchiali. Mentre le ricerche archivistiche proseguono, attingiamo a piene mani dall’unica biografia esistente, stampata ad appena un anno dalla morte, da monsignor Agostino Berteu. La morte di papà Emanuele lascia mamma Margherita sola con tre figli da educare, per questo colloca Giovanna presso le Francescane di Mondovì “dette le Avagnine”, precisa il biografo. Le compagne di questo periodo testimoniano che “parlava poco, studiava molto e non perdeva tempo” e a livello scolastico i risultati si vedono: nel 1861 ottiene la “patente magistrale” e subito inizia ad insegnare nella scuola di Roaschia. È la sua prima sede, ci lascia un pezzo di cuore e la rimpiangono sinceramente quando, nel 1865, si trasferisce a Torino, chiamata dal gesuita padre Sapetti per insegnare nel Laboratorio delle Orsoline di via Cernaia.

Sembra proprio che il segreto per farsi conoscere ed apprezzare stia soltanto nel lavorare con impegno, umiltà e serietà: è infatti così facendo che la fama di Giovanna arriva agli orecchi del vescovo di Alba mons. Galetti, che si sente di consigliare il suo nome al cav. Faà di Bruno nel momento in cui questi cerca una maestra per il suo Conservatorio Santa Zita di Torino. Di famiglia nobile e ricca, con una promettente carriera militare alle spalle (è capitano di Stato Maggiore), Francesco Faà di Bruno ha partecipato alla prima guerra d’Indipendenza, ha una cultura scientifica immensa ed è professore di Matematica all’Università di Torino; con un curriculum di tutto rispetto in cui figurano varie pubblicazioni scientifiche di livello europeo e numerose invenzioni, dopo aver conosciuto a Parigi Federico Ozanam ed aver fatto parte delle Conferenze di San Vincenzo, sta ora svolgendo a Torino un intenso apostolato nel mondo femminile, dedicandosi a risollevare la dignità delle donne più bisognose di aiuto, dimenticate, umiliate e offese. In questo coraggioso e lungimirante progetto un posto di assoluto rilievo è occupato dall’Opera Santa Zita, cioè una casa di accoglienza per donne lavoratrici e in special modo le “servette”, spesso esposte agli abusi e alle prepotenze di padroni senza scrupoli, proprio nell’ottica di offrire “il ricovero, l’istruzione professionale, il collocamento delle donne di servizio disoccupate, licenziate, malate, anziane o appena inurbate”.

In questa casa entra la nostra Giovanna con la qualifica di “maestra”, ma ben presto ne diventa segretaria e infine direttrice. Questa donna minuta e dall’aspetto fragile, silenziosa e discreta fino a scomparire, che le studia tutte pur di non apparire e mettersi in mostra, possiede polso, mente e cuore sufficienti per star dietro ad un fondatore vulcanico ed eclettico, che una ne fa e cento ne pensa. Entrata nel Conservatorio Santa Zita come maestra laica, tale continua a restare, anche quando nel 1868 il cav. Faà di Bruno costruisce nel quartiere torinese San Donato la chiesa dedicata a Nostra Signora del Suffragio e fonda la congregazione delle Suore Minime del Suffragio. Si dà così il caso (certamente non unico nella storia della Chiesa) di una congregazione religiosa femminile che ha per fondatore un laico, il quale desidererebbe l’ordinazione sacerdotale “anche per poter meglio dirigere la congregazione di suore in formazione e in vista del compimento della chiesa per la quale occorre un rettore sacerdote”, ma si trova contrastato in questa sua aspirazione dal discusso e autoritario vescovo torinese monsignor Gastaldi.

(1-continua)