Da Piovani alla scuola di un beato (2ª parte)

Gonella Francesca

Non solo il fondatore è laico, ma laica è pure la direttrice-superiora, perché la signorina Gonella non ha mai pronunciato i Voti, pur avendo da sempre adottato uno stile di perfetta religiosa e, a contatto con la spiritualità di Francesco Faà di Bruno, avendo dato alla sua vita un regolamento capace di far invidia anche al più consumato degli asceti. Basta scorrere le norme che si è imposta, frutto di un intenso cammino spirituale: cinque ore di sonno per notte, oltre alle orazioni quotidiane con la comunità; venti minuti di meditazione al mattino e almeno dieci di esame di coscienza ogni sera; dieci minuti di adorazione eucaristica, un quarto d’ora di lettura spirituale e rosario ogni giorno; la via crucis ogni venerdì e giornata di digiuno il sabato. Oltre alla confessione settimanale, alla comunione quotidiana e all’esercizio della “buona morte” mensile, ecco alcuni tocchi di personalizzazione al suo programma di “diventar santa e gran santa”: “di non inquietarmi se per mia miseria, offendessi il Signore, ma chinando il capo dirò: «Erba del mio orto!»”; “di trattare il mio corpo come un vero asinello, non accordandogli che quel poco cibo e riposo indispensabili per reggersi in piedi e attendere ai propri doveri”; infine, “di essere tutto zelo ed affetto per questa Casa, per cui voglio tutta sacrificarmi”.

Ogni fondatore si augurerebbe di trovare una collaboratrice così, religiosa o laica essa sia, perché in lei può riporre ogni fiducia, oltre a poter con lei condividere e realizzare progetti. E se il fondatore ha dato all’Istituto il motto “Pregare, Agire, Soffrire”, Giovanna di suo vi aggiunge che «un’oncia di croce val più di un milione di libbre di orazione; una giornata crocifissa val più di cent’anni di tutti gli altri esercizi spirituali». Nel 1876, a 51 anni suonati, Francesco Faà di Bruno si decide a chiedere l'ordinazione sacerdotale, entrando in disaccordo con il vescovo Gastaldi sui tempi di preparazione che questi gli richiederebbe. Viene comunque ordinato a Roma il 22 ottobre, per diretta disposizione di papa Pio IX e malgrado la contrarietà del vescovo, iniziando così al rientro in diocesi un calvario alimentato anche dalla persecuzione della Torino liberalmassonica che già lo ha avversato da laico ed a cui adesso non sembra vero di poter incrementare con la maldicenza i cattivi rapporti del vescovo con un suo prete. Giovanna è sempre al suo fianco, per offrire conforto e aiuto, ma neanche questa ordinazione riesce però a convincerla a diventare suora: non perché non lo desideri (è forse stato sempre il suo sogno nel cassetto), ma perché non se ne ritiene degna. Il fondatore, a causa di una sospetta infezione intestinale, muore quasi improvvisamente il 27 marzo 1888, ma, come sempre accade ai santi, riesce a fare molto più da morto che da vivo e l'anno successivo, nel giorno dell'Immacolata, Giovanna compie il primo passo nella vita religiosa con la vestizione, grazie anche alle insistenze del successore monsignor Agostino Berteu, per il quale è inopportuno che “una secolare presieda a 20 e più suore”, visto che la Congregazione è ancora in attesa dell’approvazione pontificia (che arriverà soltanto nel 1893) e questo sarebbe un’anomalia sicuramente contestata da Roma. Con la vestizione è previsto anche il cambio del nome, al posto di quello ricevuto al battesimo: «Ora non vi chiamerete più damigella Giovanna, ma suor Agostina Francesca (il nome dell’attuale Superiore e del Fondatore)». Potrebbe essere dispensata “dai due anni prescritti dalle Regole per il Noviziato” e professare subito i primi Voti, sia per gli oltre vent’anni trascorsi in Istituto che potrebbero valere come “prova” e sia per la sua non verde età (52 anni suonati), ma su questo lei è inamovibile: lo farà, come tutte, due anni dopo, nel 1891.

La biografia del Berteu annota che “ella cambiò d’abito, ma nulla dovette mutare per riguardo alla virtù e alla perfezione” ed è il suo miglior panegirico. Nei vent’anni che le restano da vivere, oltre ad essere il punto di riferimento delle Suore Minime del Suffragio, di cui a ragione diventa la prima Madre Generale, rappresenta anche il sostegno morale e spirituale dei tanti, preti e laici, che vengono da lei ad attingere consiglio e a chiedere intercessione, e che sono gli stessi che dal 2 gennaio 1911, alla notizia che è malata grave, si avvicendano attorno al suo letto. Muore di polmonite il giorno dell'Epifania, a mezzogiorno, dopo aver recitato l'Angelus: ha 74 anni, 43 dei quali spesi in un lavoro nascosto, umile e sfibrante che il mondo femminile torinese non le ha mai fatto mancare. La piccola bambina di Piovani ha davvero speso bene la vita, diventando anche lei "apostola della dignità della donna" accanto a Francesco Faà di Bruno, che è stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 1988.

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