Federico Borgna, otto anni da presidente della Provincia

Decadrà nel momento della nomina del nuovo sindaco. In sette domande il suo bilancio di fine mandato, personale e politico

Federico Borgna

Con le elezioni amministrative di metà giugno Federico Borgna, sindaco uscente di Cuneo, lascia anche l’incarico di presidente della Provincia che ricopriva da otto anni. Decadrà nel momento della nomina del nuovo sindaco, dopo il primo turno di domenica o dopo il ballottaggio fra 15 giorni. Prenderà il suo posto, temporaneamente, il vice Massimo Antoniotti, fino all’elezione del nuovo presidente, che avverrà a settembre con voto dei sindaci e dei consiglieri comunali in carica.
Il mandato di Borgna è durato poco meno di otto anni. Era stato eletto, infatti, il 12 ottobre 2014, all’indomani della riforma Delrio che ha ridotto poteri e funzioni delle Province e cancellato l’elezione diretta da parte dei cittadini per sostituirla con un’elezione di 2° grado da parte di figure elette.
Che bilancio può trarre da questi otto anni?
È un bilancio estremamente positivo. Siamo partiti su una nave che era a serio rischio di affondare e adesso abbiamo un’istituzione che ha riconquistato una centralità per la Granda, che è tornata ad essere un riferimento per i 247 Comuni, che ha avviato e già cantierato progettualità importanti come nuove scuole che da decenni non si vedevano sul nostro territorio, che sta rinnovando il personale e sta tornando ad assumere giovani, che ha un gruppo dirigente profondamente rinnovato con una prospettiva di durare nel tempo e di dare stabilità. A livello nazionale, poi, si è compreso che le Province sono un soggetto necessario. Penso che - con il lavoro che abbiamo fatto per il piano strategico e il Pnrr, con il cercare di tenere sempre i conti in ordine, con il batterci sui tavoli romani dove era necessario farlo, restando sempre sabaudi nella gestione - alla fine abbiamo dato il nostro contributo, con tante altre Province, nel far capire che siamo un mattone indispensabile nella costruzione del Paese.
Quindi le Province possono essere modificate, ma non cancellate… È così?
Le Province non è che possono essere modificate, devono essere modificate. La retorica cresciuta intorno alla riforma Delrio è ideologica perché non analizza storicamente i fatti. Chi ha messo in grave difficoltà le Province non è stata la Delrio, ma la legge finanziaria successiva. Se la Delrio ha un elemento di debolezza (ed è l’errore principale che è stato fatto) è che questa legge avrebbe avuto significato che fosse venuta dopo la modifica della Costituzione e non prima, come invece è successo. Quindi adesso si tratta di rimettere mano ad una legge concepita per fare un riordino più profondo, istituzionale, ma che è stata fermata nel suo percorso dalla volontà popolare. La Delrio deve essere modificata, ma la riforma contiene aspetti positivi che vanno salvaguardati, come l’Assemblea dei sindaci che credo sia un organo estremamente positivo perché ci costringe a dialogare, cosa che prima non avveniva.
Ha un ricordo particolare di questi otto anni?
Ce ne sono tanti, è difficile sceglierne uno. Innanzitutto fare il presidente della Provincia mi ha permesso di conoscere la provincia come territorio. Mi rendo conto adesso che otto anni fa non la conoscevo e secondo me il 90% dei cuneesi non conosce tutta la Granda. Ho girato molto e penso di aver toccato tutti i 247 Comuni. Sembra retorico dirlo, ma quella di Cuneo è una provincia di straordinaria bellezza: dal Monviso alla pianura, dalle colline di Langhe e Roero alle zone di mezza montagna, dalle valli alpine all’alta Langa. È una terra bellissima, abitata da persone perbene perché gli abitanti della provincia di Cuneo sono persone perbene che puntano più alla sostanza che all’apparenza, gente che parla poco ma che quando parla dice delle cose. Siamo molto diversi; io sono cresciuto nell’area cuneese, ma ho imparato a conoscere le diverse culture dell’area monregalese, langarola, roerina e di pianura. Ci sono sfumature che accompagnano non solo il cambio di dialetto, ma proprio il modo di essere delle persone e di pensare. Poi mi sono reso conto di quanto la Provincia come ente sia presente nell’immaginario collettivo, quanto sia un riferimento per le persone e le istituzioni.
Che cosa vuole dire ai dipendenti della Provincia che hanno lavorato con lei?
Il mio primo contatto con i dipendenti della Provincia è avvenuto in un modo particolare, nell’ambito di una manifestazione di “orgoglio provinciale” in quegli anni difficili. Per fare una sfilata del genere in pubblico, con una campagna diffamatoria contro le Province e in un più in un martedì di mercato, ci voleva un certo coraggio. I primi mesi sono stati quelli del disorientamento e anche quelli in cui alcuni dipendenti se ne sono andati verso altri enti. Erano persone avvilite di come un’istituzione a cui erano attaccate veniva disegnata all’esterno. Questo è stato il periodo in assoluto più complesso, ma ciò che ho trovato motivante per me è stato vedere l’attaccamento alla “maglia” perché c’era e c’è davvero spirito di appartenenza, oltre alla consapevolezza di fare un lavoro magari poco conosciuto (percorsi autorizzativi, verifiche ambientali, manutenzione ordinaria di strade o scuole…) che non si vede e non fa notizia, ma che è essenziale. Ringrazio tutti i dipendenti per quello che hanno fatto in questi anni, a maggior ragione per quel lavoro nascosto che serve alla vita quotidiana delle persone. Se l’esperienza in Provincia mi è piaciuta così tanto è perché ho lavorato con persone che mi hanno trasmesso l’amore per l’istituzione. Un grazie anche a tutti i consiglieri provinciali che si sono succeduti e, in particolare, ai miei tre vice presidenti con cui ho lavorato: il compianto Mario Riu, Flavio Manavella e ora Massimo Antoniotti.
Un messaggio ai sindaci?
Grazie per il sostegno e per il lavoro che fanno perché so cosa vuol dire amministrare un Comune, così come so benissimo che più il Comune è piccolo, più è pesante il fardello sulle spalle del sindaco. Come ho già detto in altre occasioni, il grande valore della nostra provincia è l’unità: se i 247 Comuni lavorano insieme e uniti come hanno fatto in questi anni non abbiamo da temere niente e nessuno perché siamo una realtà straordinaria.
Senza Comune e senza Provincia, cosa farà da metà giugno in avanti?
“Farò le vacanze perché sono dieci anni che non le faccio e poi mi piacerebbe dedicare un periodo allo studio per vedere un po’ cos’è successo nel mondo in questi dieci anni in cui io ero totalmente concentrato su Cuneo e sulla provincia di Cuneo. E poi tornerò a lavorare.
E quindi chiuderà con la politica?
Ci sono persone che passano la vita a cercare di raggiungere obiettivi personali e occupare un posto piuttosto che l’altro. Io non l’ho mai fatto e non inizierò a farlo a 48 anni. Ovviamente la politica per me è e rimarrà sempre la passione. Se potrò ancora essere utile alla mia comunità lo farò volentieri e se non ci sarà più l’opportunità andrà bene così. Dalla vita e dalla politica ho avuto molto più di quanto potessi immaginare, sono contento.