Dal tempo in cui il nostro giornale l'ha incontrato l'ultima volta (tre anni fa), la situazione del Venezuela non è cambiata. Padre Mario Bedino di Piovani è sacerdote da quasi cinquant'anni, la maggiore parte dei quali passati come missionario in questo paese, che non riesce ad emergere dalle sue contraddizioni e difficoltà socioeconomiche, e che, dopo aver ricevuto un'attenzione di primo piano sui mass media internazionali, è caduto nella più assoluta indifferenza.
Alcuni dei problemi di questa nazione latino-americana, il sacerdote li ha condivisi venerdì 12 agosto, al termine della messa mattutina, nella chiesa del Salice a Fossano. Una parrocchia che ha già una sua sensibilità missionaria, anche per l'impegno stesso del parroco, don Damiano Raspo, che ha dedicato in Brasile i suoi primi anni di sacerdozio. E che perciò, presentando don Bedino ai diversi fedeli rimasti per ascoltarlo e per donargli un'offerta raccolta a favore del suo ministero, ha messo in evidenza la bellezza di essere, come Chiesa cattolica, cioè universale, “profondamente uniti nella fede”, pur nella distanza, “anche ai problemi di una nazione come il Venezuela”.
Durante l'incontro, breve, ma intenso e cordiale, don Bedino ha tracciato il suo percorso missionario iniziato a Madrid dove studiò teologia, rimanendo poi in Spagna per occuparsi del percorso vocazionale con l'Istituto della Consolata, di cui all'epoca faceva parte. Fu quindi mandato in Venezuela, “per diffondere il Vangelo”, ha spiegato, “nonostante la sua popolazione non sia assente dal Cristianesimo, tanto che oggi sono rimasto l'unico italiano ad operare, mentre fioriscono le vocazioni locali”. Diverse le missioni assegnategli: le Ande, la penisola di Guajira sul mar dei Caraibi per lavorare con gli indigeni, e infine alla periferia della popolosa città di Barquisimeto. Una zona missionaria che in seguito l'Istituto della Consolata decise di lasciare, per cui Padre Mario chiese ed ottenne dal vescovo di essere successivamente incardinato nella diocesi, cioè di entrare a far parte del clero diocesano. Avviando così un nuovo cammino sacerdotale che ha continuato assumendo impegni prevalentemente pastorali, con la direzione, per diversi anni, del Centro studi del Seminario, e quindi in alcune parrocchie.
Attualmente il suo servizio è alla Madonna di Fatima (20 mila abitanti), che sorge alla periferia della città, una zona ripartita in altre sette parrocchie. Un conglomerato urbano reso difficile dai diversi problemi economici che il Venezuela sta attraversando, e dalla mancanza di diversi beni e servizi necessari al normale svolgimento della vita quotidiana, come “l'acqua e la luce, le assicurazioni e le medicine, la benzina”, disponibili in gran parte in dollari, che però “non ci sono, se non per pochi. In questa situazione”, ha spiegato “c'è si di tutto, ma chi può permettersi di comperare? Inoltre, molti ricchi se ne sono già andati, la classe media è sparita, i poveri sono sempre più poveri e la violenza è all'ordine del giorno”.
Pure “l'opposizione politica non c'è più perché si è divisa”. E la Chiesa, se non si schiera, se non si pronuncia sulle scelte governative “è libera di operare”. Come? “Aiutando anche con gesti concreti, ma mai dando del denaro direttamente, quanto piuttosto comprando le cose necessarie richieste dalla gente, come per esempio le medicine. Ma in casi disperati, ci sono quelli che le prendono per poi rivenderle ad altri”.
Questa situazione di estrema necessità, oltre a rendere la vita difficile, genera problemi sociali non di poco conto. Oltre alla violenza, di cui ha accennato, “c'è il grosso problema degli alcolisti, per cui ne soffrono soprattutto le famiglie e le donne”. Mentre la povertà genera ladri che, nella disperazione, “rubano in particolare il rame” da poter vendere. Un degrado che si potrebbe combattere con la diffusione della cultura, ma anche questa purtroppo, sta subendo un contraccolpo, in quanto disponibile per lo più per i ricchi, visto che le Università del Governo non ricevono più i soldi per permettere una libera ed accessibile partecipazione dei giovani al proseguimento degli studi.
Nonostante questo, il lavoro pastorale non viene meno, ma anzi, portato avanti con determinazione “grazie all'aiuto di laici ben preparati, ministri straordinari che animano la celebrazione eucaristica, facendo - quasi - tutta la messa, spiegando la Parola di Dio e ricordando i defunti, un momento particolarmente sentito nelle liturgie venezuelane”. Le quali registrano sempre una “presenza massiccia”, con una “partecipazione attiva, cantata e gioiosa”, che riflette di un popolo che, nella fede, rinnova la sua speranza di riscatto verso un futuro migliore.