Padre Franco Sordella, “consolazione” dei bambini di strada della Tanzania

Originario di Fossano - della grande famiglia dei Sordella – è un missionario della Consolata. Da 25 anni gestisce il Centro Faraja, che accoglie e forma i ragazzi che hanno subito violenza

“Faraja” significa consolazione. E il nome che padre Sordella ha dato al Centro di accoglienza dei bambini e ragazzi di strada che gestisce in Tanzania. “Cerchiamo di dare un po’ di consolazione ai bambini che hanno subito violenza dagli adulti che dovrebbero accompagnarli verso la vita. La diamo attraverso i benefattori, i tanti amici che ci sostengono, i volontari che si avvicendano al Centro. E attraverso gli stessi ragazzi che abbiamo ospitato e che, come ha sperimentato don Milani nella sua scuola di Barbiana, restituiscono ciò che hanno avuto, insegnano ai più piccoli ciò che hanno imparato”.

“Consolazione” è il corrispettivo di Consolata. Padre Franco, originario di Fossano - della grande famiglia dei Sordella – è un missionario della Consolata. Approdò in Tanzania nel 1968, quando era ancora presidente Nyerere, l’uomo che portò all’indipendenza il Paese. “Una grande uomo, una persona carismatica - ci dice padre Sordella -; si era formato in seminario, aveva studiato in Inghilterra e in America. Il suo ruolo fu molto positivo; fu lui a dare una costituzione al Paese, a volere elezioni libere”. I primi anni padre Sordella operò in tre missioni diverse. “Girando tra i villaggi ho imparato che il parroco deve saper fare di tutto, dal muratore, al meccanico, all’allevatore, oltre che al prete”.

Nel ’97 l’istituto della Consolata decise di avviare un Centro per bambini di strada e si rivolse a lui. “Io pensai che oltre a un Centro per questi bambini, occorreva creare una scuola tecnico-professionale. La scuola in pochi anni diventò uno degli istituti tecnici più importanti del Paese. Avevamo insegnanti europei, macchinari efficienti; realizzammo diversi corsi che consentivano di produrre manufatti di grande qualità, venduti in tutto il Paese. Ci specializzammo in attrezzature per parchi gioco che fornimmo a tutte le scuole, stufe molto valide… Anche la stalla a servizio del corso di agricoltura era molto ben gestita: oltre a nutrire i ragazzi ci consentiva l’autofinanziamento. I ragazzi della scuola lavorano in fattoria sin dalla scuola elementare”.

L’incendio nel primo Centro Faraja
Nel 2016, dopo 10 anni di attività, a causa di un corto circuito durante l’installazione di un impianto fotovoltaico, si sviluppò un incendio che distrusse tutto, compresi i vestiti e i materassi. “Per fortuna i ragazzi e gli insegnanti non erano a scuola. Fu un disastro. Dovemmo ricominciare da capo, a due chilometri da quell’area”.
Con l’aiuto della Cei padre Sordella realizzò una nuova struttura. Quella tragedia ebbe una vasta eco nel Paese, suscitando una grande reazione di solidarietà. “Lo stesso governo ci aiutò, portando attrezzature, arredi per il dormitorio. Volontari, gruppi e associazioni vennero ad aiutarci e ogni anno, in occasioni varie, continuano a portarci beni, materiali e cibo. È venuta anche Lulu, una delle attrici più famose della Tanzania e ci ha portato un camion con i letti a castello necessari per il dormitorio, materassi, coperte, prodotti alimentari… L’iniziativa di Lulu è stata annunciata da tutti i mass media il che è servito per far conoscere la nostra attività”.

“Sono bambini ‘rotti’… Noi cerchiamo di aggiustarli”
Il nuovo Centro Faraja accoglie esclusivamente bambini abbandonati o che hanno subito gravi violenze. “Ce li consegna la Polizia o i Servizi sociali. Non riceviamo alcun compenso da parte governativa ma perlomeno il nostro lavoro non viene ostacolato. Ci vuole molta pazienza e serenità, ma riusciamo ad andare avanti. I bambini arrivano a noi dai pochi mesi in su. Su alcuni di essi le violenze hanno causato disabilità fisiche o psichiche anche gravi. Tutti, in ogni caso, sono segnati da quello che hanno vissuto. Sono bambini ‘rotti’… Noi cerchiamo di aggiustarli; facciamo quel che possiamo. La gran parte delle ragazzine non conosce la sua famiglia. Da piccole sono state vendute…”.

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Le giostrine realizzate dal laboratorio del Centro professionale di padre Sordella

Il mercato delle bambine
È molto diffuso il mercato delle bambine. Per capire questo fenomeno, il primo anno padre Sordella finse di voler comprare una bambina. “Fu molto complicato per me, uomo bianco, infiltrarmi; le persone non si fidavano. Alla fine, mi indirizzarono in una casa dove una signora aveva a disposizione diverse bambine e me ne vendette una. La riportai alla sua vera famiglia: era stata rubata”. Un giorno al Centro arrivò una bambina con bruciature che arrivavano all’osso. La signora che l’aveva comprata a sei anni la picchiava quotidianamente e per punirla la fasciava con borse di plastica e appiccava il fuoco. L’ultima bambina portata dalla Polizia era storpia; costretta sulla sedia a rotelle, doveva distribuire pacchetti di droga. Il presunto padre, messo in galera per il commercio di droga, non è stato perseguito per la compra-vendita di bambini perché il tribunale non ha saputo dimostrare che la bambina non fosse figlia di questo signore.

Per la solidarietà
Chi intende fare donazioni al Centro Faraja può rivolgersi all’associazione Marene For Africa - a cui padre Sordella fa riferimento - IBAN IT66M 06305 46450 000030147480 Banca Cassa di Risparmio di Savigliano (filiale di Marene), oppure a Gemma Abbà e Franco Giaccardi (338.1904873) che fanno parte dell’associazione e periodicamente si recano in Tanzania ad aiutare padre Sordella.

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Il cane che quotidianamente accompagna i bambini del Centro Faraja a scuola